C’è chi può fare a meno del deodorante, perché è dotato del gene anti-odore, e chi puzza anche se si lava spesso. Gli odori di alcune persone ci attraggono, soprattutto se le amiamo, mentre altri ci disgustano. E quello dei piedi, oltre ad attirare le zanzare, può dirci da chi discendiamo
Può darsi che usiate il deodorante più per un’abitudine socio-culturale che per una necessità reale. In questo caso, appartenete a quella fascia di popolazione che possiede una variante del gene ABCC11, responsabile della produzione di un sudore senza olezzi, perché non predisposto all’attacco dei batteri che emettono odori sgradevoli. Potreste fare a meno del deodorante. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori dell’Università di Bristol, in Inghilterra. Sono soprattutto le popolazioni dell’Estremo Oriente a possedere il gene, ma ce l’hanno anche diversi europei. Eppure, gli scienziati hanno visto che quasi l’80% dei “fortunati” residenti nel Vecchio Continente usa comunque i deodoranti. Forse bisognerebbe assecondare di più la natura. Del resto, la scienza ci svela che gli odori del corpo possono essere anche armi di seduzione o strategie di sopravvivenza e non sempre conviene eliminarli con troppi lavaggi o coprirli con i profumi.
1 L’odore di piedi è genetico
Alla nascita, raccogliamo i batteri materni, che ci colonizzano la pelle, l’intestino, gli ori!zi del corpo e i piedi. Al punto che potremmo ricostruire le migrazioni dei popoli, per esempio degli europei, nei secoli, semplicemente identificando le tracce genetiche dei batteri sui nostri corpi. I piedi sviluppano molto odore soprattutto perché vi si concentrano umidità e calore: paradiso dei batteri! E piacciono tanto anche alle zanzare. Scienziati londinesi della London School of Hygiene and Tropical Medicine hanno sperimentato che quelle portatrici di malaria sono attratte dagli odori umani di un calzino sporco più di quelle non infettate dalla malattia. La scoperta potrebbe contribuire a creare nuove trappole odorose, non tossiche per l’uomo, contro le specie pericolose.
2 Non sentiamo il nostro odore
Perché il cervello ha imparato a selezionare le informazioni che riceve e anche a eliminarle. Quando uno stimolo ricevuto è continuo, come il nostro odore, finisce per passare inosservato.
3 Mangiamo e quindi odoriamo
Alcuni alimenti con un forte aroma contengono delle sostanze volatili che sono rilasciate nell’alito, nell’urina, nel sudore o nella pelle quando l’organismo le metabolizza. È il caso di aglio, cipolla, porri, asparagi, broccoli e cavoli o di spezie come curry e cumino. I principali responsabili di questi odori sono alcuni composti dello zolfo.
4 Il sudore non puzza
Perché è fatto soprattutto di acqua. L’odore è prodotto da miliardi di batteri che vivono sulla pelle e si nutrono di grassi e proteine contenuti nel sudore: digerendo questi nutrienti, i batteri emettono odore. I più forti provengono dalle ghiandole sudoripare (apocrine) situate nell’ascella, inguine, areola mammaria, monte di Venere, sotto l’ombelico e nelle zone genitali (grandi labbra, scroto e perineo). Sono più numerose nella donna rispetto all’uomo e le persone di colore ne possiedono circa il triplo dei bianchi. Una sudorazione abbondante non produce più odore, perché più c’è acqua più esso è diluito.
5 La persona amata “sa di buono”
Annusare il suo pigiama o la maglietta ci dà piacere: è l’effetto dei feromoni, le sostanze che attirano gli individui di sesso opposto nella medesima specie? I medici non sono d’accordo, anche perché nella specie umana, l’organo recettore dei feromoni, all’interno del naso, è atrofizzato. Ma secondo Monell chemical senses center di Philadelphia (Usa), le donne sono così sensibili all’odore del sudore maschile da cambiare i ritmi del ciclo mestruale e da innescare l’ovulazione se annusano, pure inconsapevolmente, i feromoni. Nell’ovulazione sono più attirate dagli odori maschili e gli uomini da quelli femminili. Tutti tendiamo a preferire gli odori di persone geneticamente distanti da noi e con un sistema immunitario complementare.
7 Il neonato va matto per l’odore del seno
La scoperta è di un gruppo di studiosi francesi del Centro Nazionale per la Ricerca Scienti!ca di Digione, in Francia. Secondo gli scienziati, il merito è di piccole ghiandole sull’areola, intorno al capezzolo, che appaiono come minuscoli rigonfiamenti visibili a occhio nudo: producono un liquido il cui odore sarebbe irresistibile per i piccoli, soprattutto se affamati, molto più di quello del latte materno, e li guiderebbe nella ricerca del capezzolo. Prima di questo studio, si riteneva che la funzione di queste secrezioni fosse solo quella di proteggere il capezzolo dall’usura dovuta alla suzione dei neonati.
8 Attenti a non lavarsi troppo
Perché con i lavaggi si rimuovono anche i batteri bene!ci della pelle, lasciando campo libero a quelli dannosi, spesso i più puzzolenti. Un eccesso di igiene intima femminile può impoverire la flora vaginale e cioè il numero di batteri che vivono normalmente nella vagina e proteggono le mucose. I genitali si espongono così all’attacco dei germi dannosi che prendono il sopravvento e causano malattie. Meglio usare saponi non aggressivi a pH neutro o leggermente acido.
9 La “condanna” dell’odore di pesce
Si chiama trimetilaminuria ed è una rara malattia genetica. Chi ne è affetto, non riesce a metabolizzare una sostanza chiamata trimetilammina, che si assume con gli alimenti, e ha sudore, alito e urine che puzzano di pesce avariato. La malattia è stata identificata dai medici per la prima volta nel 1970, ma esistono riferimenti letterari più antichi. Un poema epico indiano del 400 d.C. descrive una ragazzina che “crebbe per diventare una ragazza bella e giusta, però la seguiva sempre un odore di pesce”.
10 Il puzzo della malattia
L’alito cattivo è spesso un segnale di disturbi della digestione o di problemi alle gengive o ai denti. Alcune malattie della pelle, come le micosi, i cosiddetti “funghi”, la fanno puzzare. Nei malati di schizofrenia l’odore del sudore è molto intenso a causa di disfunzioni del metabolismo. Sarebbe utile riuscire a diagnosticare le malattie dagli odori. I cani, che hanno un olfatto 50 volte più sensibile dell’uomo, già lo fanno: riescono a individuare pazienti ammalati di cancro o di tubercolosi dall’odore delle loro urine o del loro alito, a cui reagiscono abbaiando e innervosendosi perché percepiscono delle anomalie. Da questi esperimenti, gli scienziati stanno lavorando alla costruzione di nasi bioelettronici capaci di diagnosticare le malattie.