In forza all’aviazione tedesca dal 1916 al 18, Manfred von Richthofen vinse 80 battaglie aeree abbattendo molti nemici. Colpito a morte poco prima di compiere 26 anni, fece in modo di atterrare senza che il suo mitico triplano rosso riportasse danni. A cent’anni dalla sua scomparsa, resta un mito insuperato
Entrare nella Storia a soli 25 anni non è da tutti. Ce l’ha fatta il tedesco Manfred Albrecht von Richthofen, meglio conosciuto come il Barone Rosso, il più famoso aviatore del mondo. “L’asso degli assi” non fu solo un eccezionale pilota militare, capace di vincere 80 battaglie aeree, ma il simbolo della Germania, che ripose in lui le sue speranze di vittoria nella Prima guerra mondiale.
Una famiglia importante
Nacque il 2 maggio 1892 a Breslavia, nel regno di Prussia sotto il Kaiser Guglielmo II. Suo padre, il barone Rittmeister Albrecht Philip Karl Julius von Richthofen, era un ufficiale di fanteria, mentre la madre, Kunigunde von Schickfus und Neurdoff, apparteneva a un’importante famiglia di nobili. Manfred Albrecht era il primo figlio maschio dopo la sorella maggiore Elisabeth ed ereditò quindi il titolo nobiliare di barone. Appassionato di caccia e di equitazione, subì sin da piccolo il fascino del mondo militare: così entrò nella Reale Accademia militare prussiana e nel 1911 divenne membro del I Reggimento Ulani “Imperatore Alessandro III” raggiungendo, nel 1912, il grado di sottotenente. Per il suo passaggio in aviazione fu fondamentale l’incontro con Oswald Boelcke, il padre dell’aviazione militare tedesca e autore della cosiddetta Dicta Boelcke, una lista di otto regole da seguire nei combattimenti aerei. Nel marzo 1916 Manfred Albrecht von Richthofen entrò a far parte del II Stormo da combattimento, in quel periodo a Verdun, e il 26 aprile conquistò la sua prima vittoria in cielo. L’aereo nemico, però, cadde entro le linee francesi e non gli venne accreditato. Ma era solo questione di tempo. Il 17 settembre giunse la sua prima vittoria ufficiale. A subire i colpi del futuro Barone Rosso fu un aereo inglese, che venne costretto all’atterraggio nei pressi di un campo di volo vicino a Cambrai, in Francia. L’episodio verrà ricordato dallo stesso Manfred nella sua fortunata biografia Io sono il Barone Rosso, stampata la prima volta nel 1917, ristampata nel 1920 e nel 1933 e divenuta un bestseller: «Il mio inglese virava di qua e di là, spesso attraversando le mie raffiche. Il pensiero era uno solo: “Accada ciò che vuole, ma devi cadere!”. Ecco, finalmente, il momento propizio. Mi basta una frazione di secondo per piazzarmi in coda. Una breve raffica dalla mia mitragliatrice. Gli sono così vicino che ho paura di speronarlo. Improvvisamente vedo che l’elica dell’avversario non gira più. Colpito! Il motore era fermo e il nemico doveva atterrare entro le nostre linee».
Il “Circo Volante”
In due mesi gli aerei abbattuti o costretti alla resa da Manfred erano già 16, valendogli la decorazione Pour le Mérite, la più alta onorificenza militare tedesca. Le sue imprese finirono sui giornali e il suo nome divenne sinonimo di coraggio e maestria, una combinazione micidiale di audacia e strategia che convinse i superiori ad affidargli, all’età di appena 24 anni, il comando della Jagdstaffel 11, il famigerato e temutissimo “Circo Volante”, nelle cui fila militavano anche il fratello minore e il cugino di Manfred Albrecht von Richthofen oltre al futuro capo della Luftwaffe e massimo gerarca nazista, Hermann Göring. Era un gruppo di abilissimi piloti al comando di aerei dai vivaci colori, come quelli di un circo; giallo, nero, verde e rosso per l’Albatros D.III del comandante von Richthofen, che da quel momento divenne l’incontrastato Barone Rosso.
Ferito, ma inarrestabile
Nulla sembrava poter arrestare l’ascesa del barone all’Olimpo degli eroi: abbattuto da un aereo inglese nel marzo 1917, riuscì a salvarsi e nel mese successivo, come se nulla fosse successo, abbatté 22 aerei nemici, di cui quattro in un solo giorno. A fine giugno diventò il comandante delle squadriglie 4, 6, 10 e 11. Il 6 luglio, invece, venne colpito alla testa durante un combattimento. Come ricorda lui stesso nella sua autobiografia: «Mi avevano beccato! Per un attimo rimasi completamente paralizzato. Le mani pendevano inerti e le gambe ciondolavano». Operato e costretto a una lunga convalescenza, Manfred fu profondamente segnato dall’episodio: iniziò a soffrire sempre più frequentemente di intensi mal di testa e il suo ardore sembrò scemare, anche se fu difficile trattenere la sua voglia di volare. A bordo di un nuovo aereo, il triplano Fokker Dr.I, si rituffò nella mischia segnando in breve 19 nuove vittorie. Fino a quel fatidico 21 aprile 1918.
L’ultima missione
Quel giorno il cielo sopra Morlancourt, vicino a Vaux sur Somme, nel Nord della Francia, era sferzato da un vento intenso. Il Barone Rosso e la sua temibile squadriglia stavano affrontando un nuovo combattimento aereo. Manfred si era prontamente portato in coda allo Sopwith Camel pilotato dal canadese Wilfrid “Wop” May della 209ª squadriglia della Royal Air Force. Improvvisamente, alle sue spalle, comparve l’aereo del capitano canadese Arthur “Roy” Brown: con una manovra rapida e decisa, Manfred riuscì a seminarlo, ma quella mossa si rivelò fatale. Forse a causa di uno dei suoi cronici mal di testa o forse per le conseguenze dei colpi ricevuti dalla mitragliatrice di Brown, il Barone Rosso perse l’orientamento e senza accorgersene si ritrovò a bassa quota sulle trincee nemiche. Partirà da qui il colpo fatale calibro .303 sparato contro di lui da un fuciliere australiano. Sugli ultimi istanti di vita dell’“asso degli assi” rimangono molti dubbi irrisolti: l’unica certezza è che, prima di morire, riuscì ad atterrare senza riportare danni all’aereo. Secondo alcuni testimoni, un secondo prima di esalare l’ultimo respirò pronunciò una sola parola: Kaputt, finito. Il destino aveva scritto la parola fine a una leggenda: Manfred Albrecht von Richthofen, il temibile Barone Rosso, avrebbe compiuto 26 anni undici giorni dopo.
I due gioielli di Barone Rosso
Sono due gli aerei che il Barone Rosso usò durante a sua folgorante carriera: un Albatros D.III e un Fokker Dr.I. Il primo era un caccia biplano monoposto progettato e collaudato nel 1916. Dotato di un’apertura alare di 9,04 metri, aveva la fusoliera ricoperta in compensato così da risultare più leggero e resistente rispetto agli altri velivoli dotati di tele in pelle. Il secondo era un caccia monomotore triplano che Manfred testò personalmente prima che entrasse in produzione. Raggiungeva una velocità 160 km/h a 2.800 metri di altitudine e di 140 km/h a 4.200 metri, aveva un’apertura alare di 7,20 metri e presentava un abitacolo piccolo e stretto con due mitragliatrici LMG 08/15 calibro 7,92 mm.
Una vita in due film
Sono due i film che hanno raccontato la storia del mitico Manfred Albrecht von Richthofen: il primo risale al 1971 ed è Il Barone Rosso (Von Richthofen and Brown il titolo originale), diretto dal celebre regista statunitense Roger Corman. Occorre attendere fino al 2008 per la seconda pellicola: Il Barone Rosso (Der rote Baron), diretto dal tedesco Nikolai Müllerschön, con Matthias Schweighofer nel ruolo del protagonista. Curiosamente le scene dei combattimenti aerei non sono state girate in Francia, reale teatro delle battaglie del barone, ma in Inghilterra.