Un nuovo studio ipotizza che il grande re macedone sia stato avvelenato con l’elleboro, una pianta che fiorisce in febbraio. Il parere del nostro storico
Le diagnosi cliniche di una “morte eccellente” a distanza di secoli sono uno degli esercizi intellettuali più intriganti. Per questo si sono studiate e ristudiate le cause di morte di Tutankhamon, del condottiero veronese Cangrande della Scala, di Mozart, di Napoleone e, ovviamente, anche del re macedone Alessandro Magno (356-323 a.C.). Resta il fatto che se è già difficile praticare questo esercizio in presenza di un corpo conservato, diventa quasi impossibile quando non c’è più. In questi casi, occorre anche tenere conto che le testimonianze sulle quali ci si deve basare vengono da medici che non erano in grado di capire tutti i sintomi del malato e che quindi potevano trarre conclusioni poco affidabili. L’ultimo caso riguarda l’ennesima diagnosi sulla morte di Alessandro Magno a opera di studiosi neozelandesi pubblicata sulla rivista Clinical Toxicology. I ricercatori hanno ipotizzato che Alessandro sia morto a causa di un avvelenamento.
Un fiore molto diffuso
Quale sarebbe stato il veleno responsabile della morte del grande sovrano macedone? I sospetti dei neozelandesi cadono sull’elleboro, un fiore oggi molto apprezzato dagli amanti del verde perché le sue di Valerio Massimo corolle bianche o bianco-rosate si aprono in febbraio, un periodo in cui le fioriture scarseggiano. L’avvelenamento avrebbe potuto essere sia volontario sia casuale: l’elleboro era infatti usato come antidoto o come cura per molti malanni, inclusa la pazzia. Si sa anche però che l’elleboro è effettivamente una pianta velenosa, che in certe dosi diventa letale. Ha pure effetti allucinogeni: certi filosofi l’assumevano per rendere più penetrante la loro mente. Resta vero tuttavia che è molto difficile dosare con precisione l’elleboro e che gli effetti variano da persona a persona. Tornando ad Alessandro, alcune fonti antiche riferiscono che morì avvelenato e c’è chi attribuisce addirittura ad Aristotele la preparazione del tossico che determinò la fine del re. Si dice che quel veleno potentissimo fu trasportato all’interno dello zoccolo di un mulo che lo fece arrivare a destinazione. Si parla anche di un probabile movente: Aristotele avrebbe voluto vendicare la morte di suo nipote Callistene, lo storico ufficiale di Alessandro, da questi fatto uccidere per alto tradimento. Callistene infatti sarebbe stato l’ispiratore della cosiddetta “congiura dei paggi” che mirava a eliminare Alessandro. Le notizie che abbiamo di quel periodo torbido, tuttavia, non sono sempre affidabili. Di fatto non abbiamo la minima prova che Alessandro sia stato avvelenato e l’idea che Aristotele si sia preso la briga di avvelenare a distanza il suo allievo sulla base di informazioni che anche a lui saranno arrivate tardi e deformate non sembra avere grande fondamento. L’impresa sarebbe stata difficile e soprattutto pericolosa. Chi fosse stato al corrente di una simile intenzione, avrebbe sicuramente preferito avere il merito di informare e salvare la vita del padrone del mondo rispetto a proteggere un filosofo che non contava più così tanto.
Tutta colpa di un romanzo
Le deduzioni dei neozelandesi si basano su Il romanzo di Alessandro, noto anche come Pseudo Callistene: un testo in gran parte fantasioso, decisamente poco credibile. Il resoconto della vita e della morte di Alessandro fatto da Diodoro Siculo (Bibliotheca historica, I secolo d.C.) sembra invece derivare dalle Efemeridi, i libri in cui venivano registrati giorno per giorno gli atti del re compresi i bollettini medici che lo riguardavano. Diodoro è l’unico infatti che parla del forte dolore al fianco destro che prese Alessandro dopo aver tracannato la cosiddetta “coppa di Ercole” , un’esagerata quantità di vino schietto. Lo storico conclude però il resoconto in poche e succinte annotazioni. Più attendibile appare Arriano di Nicomedia, storico e politico greco vissuto tra I e II secolo dopo Cristo, che afferma infine esplicitamente di derivare le proprie informazioni da Eumene di Cardia, prima segretario di Filippo e poi di Alessandro.
Un’ipotesi tra molte
Non si può escludere che l’ipotesi dell’elleboro abbia qualche fondamento, ma ne esistono anche altre più plausibili: la malaria, l’encefalite da virus o la pancreatite acuta fulminante. C’è anche chi, favorevole alla teoria dell’avvelenamento, ipotizza l’uso dell’arsenico. Tenendo conto che sono passati ventitré secoli dall’evento, resta il fatto che l’ipotesi del veleno è la meno considerata dagli studiosi e non perché ignorino gli effetti tossici di certi farmaci come pure l’abuso di alcol da parte di Alessandro, ma perché non si capisce per quale motivo qualcuno avrebbe voluto avvelenarlo. Si era già tentato di eliminarlo con due congiure in Oriente: entrambe erano fallite. Davvero è possibile che il re non si cautelasse da tentativi di avvelenamento? La maggior parte degli studiosi propende per spiegare la morte di Alessandro con cause naturali. Uno dei essi, William Woodthorpe Tarn, uno storico inglese che se ne interessò particolarmente, scrisse: «Alla fine morì di una malattia che lo avrebbe forse risparmiato se egli avesse saputo risparmiare se stesso».