Possiamo restare senza mangiare per settimane, ma senza aria sopravviviamo solo pochi minuti. Non solo: la respirazione corretta può aiutarci a guarire da malattie del corpo e della mente. Lo sanno bene i maestri di yoga, che vi dedicano buona parte dei loro insegnamenti, e lo dimostra la scienza occidentale
Non c’è niente di più essenziale per la nostra esistenza del respirare. Possiamo stare senza cibo per settimane, senza acqua per alcuni giorni, ma senza aria sopravviviamo solo pochi minuti. Una verità che si è evidenziata in modo drammatico durante le fasi più acute della pandemia da COVID-19 quando molte, troppe persone hanno sperimentato in prima persona la cosiddetta “fame d’aria”.
Quello del respiro è dunque un tema attuale ma, al tempo stesso, antichissimo. Il giornalista scientifico americano James Nestor ne ha recentemente scandagliato tutte le sfaccettature, cercando esperti in giro per il mondo e mettendo insieme studi, ricerche scientifiche e una vasta letteratura che percorre la storia di migliaia di anni. Il suo libro, Breath. The New Science of a Lost Art, è stato tradotto in più di trenta lingue nel corso di quest’anno ed è salito in cima alle classifiche di molti Paesi.
Se ne parla da migliaia di anni
Di respiro si parla da migliaia di anni. Le fonti in cui questo termine compare sono molto antiche ed esistono addirittura interi volumi del passato dedicati unicamente alla respirazione.
Per esempio i sette libri del Taoismo cinese, risalenti al 400 a.C. Questi manoscritti, oltre a includere precise indicazioni pratiche su come regolare il respiro, spiegano come e perché la respirazione possa guarirci o, al contrario, portarci addirittura alla morte.
Ancora prima, Induisti e Buddisti hanno elaborato articolate teorie e pratiche che si basavano sull’importanza della respirazione, ritenuta un potente farmaco in grado di garantirci la salute e di metterci in connessione con noi stessi e con il creato. Poi le cose sono andate diversamente.
Il potere del respiro è stato sempre più dimenticato al punto che, troppo spesso, per la medicina occidentale, il naso è stato relegato al ruolo di organo ancillare. Nei National Institutes of Health americani ci sono 27 dipartimenti dedicati ai polmoni, agli occhi, alle malattie della pelle, alle orecchie e ad altri organi, ma il naso e i seni paranasali non vengono neppure vagamente contemplati. «Peccato però», commenta il dottor Jayakar V. Nayak, responsabile delle ricerche di Rinologia all’Università di Stanford, «che il 40 per cento della popolazione mondiale oggi soffra di ostruzione nasale cronica».
Il nostro naso è cambiato
Attraverso lo studio della conformazione dei teschi è emerso che fino all’avvento dell’Homo sapiens, ossia circa 300mila anni fa, lo sviluppo facciale era proiettato in avanti e il cavo orale, essendo più spazioso, permetteva di respirare meglio. È molto probabile infatti che i nostri più antichi progenitori non russassero, non soffrissero di apnee ostruttive, sinusiti e altri disturbi respiratori cronici.
Perché allora ci siamo evoluti in modo tale da ammalarci? Perché non sempre i cambiamenti che avvengono nel corso dei millenni garantiscono esclusivamente vantaggi. Lo ha sottolineato Daniel Lieberman, biologo evoluzionista di Harvard che si è reso popolare per il concetto di “disevoluzione”. Se diventare bipedi, ad esempio, ci ha permesso di maneggiare utensili, la mancanza di un appoggio su quattro arti è anche alla base di molte nostre lombalgie. Lo stesso è accaduto con il respiro. Le maggiori dimensioni del cervello dell’Homo sapiens, rispetto ai suoi predecessori, da una parte hanno garantito enormi benefici, ma dall’altra hanno determinato una sottrazione dello spazio per ospitare fosse nasali, bocca e vie respiratorie. Il naso è diventato così più prominente ma più piccolo e dunque meno efficiente nel filtraggio dell’aria, esponendoci all’ingresso di un numero maggiore di batteri e patogeni.
Con la bocca fa male
Respirare col naso ci fa bene e al contrario respirare con la bocca ci fa ammalare. Come abbiamo detto, molti popoli del passato lo avevano intuito, per esempio i nativi americani, secondo i quali il respiro introdotto dalla bocca privava il corpo della sua forza, deformava il volto e provocava stress e malattia; gli esperimenti compiuti negli anni Settanta e Ottanta, anche in ambito ortodontico, lo hanno ulteriormente evidenziato.
Anche perché persino la nostra dentatura ha a che fare con il respiro. Egil Harvold, noto ortodonzista americano, lo ha scoperto in un laboratorio di San Francisco tramite un esperimento molto aggressivo e oggi inattuabile nei confronti dei macachi. Aveva diviso gli animali in due gruppi, infilando a una parte di loro del silicone nella profondità delle cavità nasali. Gli animali con il naso ostruito non avevano la possibilità di togliersi i tappi e non potevano respirare dal naso. Furono così costretti ad adattarsi a una costante respirazione orale. Nei mesi successi all’esperimento, lo studioso misurò le arcate dentali degli animali, le angolazioni del mento, la lunghezza del muso e altri parametri. Ciò che emerse fu raccapricciante: la respirazione orale aveva trasformato, non solo le prime vie respiratorie, ma anche i tessuti in fondo alla bocca, infiuenzando la dentatura e la corretta masticazione. Forse proprio per questo i primi apparecchi ortodontici della metà dell’Ottocento non erano concepiti per raddrizzare i denti, ma per allargare la bocca e facilitare la respirazione. Nel corso dei decenni successivi e negli ultimi anni e mesi si è fatto un gran parlare dell’impatto negativo che la respirazione orale ha sul nostro intero organismo.
Basti pensare che, come ha spiegato Patrick McKeown, uno dei massimi esperti di respirazione al mondo, nel periodo delle allergie stagionali l’incidenza delle apnee del sonno e in generale delle dif”coltà respiratorie aumenta. La ragione è intuitiva: il naso si intasa, iniziamo a respirare con la bocca e le vie respiratorie vanno in crisi. A cascata aumenta il rischio di insonnia e di sviluppare problemi cardiaci e depressione.
Elogio della lentezza
Respirare lentamente migliora le prestazioni atletiche e ci rende più longevi e sereni. Al contrario, respiri affannosi e frenetici riducono l’apporto del fiusso sanguigno a muscoli, tessuti e organi. Per questo possiamo sentirci storditi, ci vengono i crampi e il mal di testa. I ricercatori dell’Università di Pavia nel 2001 hanno condotto un curioso esperimento per studiare gli effetti della respirazione lenta sul nostro corpo e sulla nostra mente. Hanno radunato una ventina di volontari a cui sono stati posizionati diversi sensori per misurare la frequenza cardiaca, il fiusso sanguigno e monitorare il sistema nervoso. È stato chiesto loro di recitare l’Ave Maria in latino e mantra buddisti.
Il risultato è stato sorprendente: il respiro si è fatto via via più lento e regolare e contemporaneamente sono aumentati l’affiusso di sangu e al cervello e la regolarità del ritmo cardiaco. Dieci anni dopo, Patricia Gerbarg e Richard Brown, psichiatri del New York Medical College, hanno eseguito un esperimento analogo su pazienti affetti da ansia e depressione, ottenendo risultati straordinari. Non a caso, la tecnica della respirazione lenta viene utilizzata con successo anche per curare la tosse cronica causata da detriti dei superstiti dell’11 settembre.
Meno è meglio
Se è ormai stranoto che mangiare troppo sia deleterio per la nostra salute, non è affatto ovvio che respirare troppo «faccia male. «Molti di noi respirano troppo», spiega Nestor nel suo libro, «e “no a un quarto della popolazione mondiale moderna soffre di un problema cronico grave di respirazione eccessiva». Che cosa vuol dire? Non signi”ca che respirare meno equivalga a respirare lentamente, ma vuol dire che, per ottenere bene”ci per la nostra salute, dobbiamo sia praticare meno inspirazioni ed espirazioni, sia introdurre un volume minore di aria. Dovremmo insomma imparare a praticare una sorta di “digiuno dell’aria” così come facciamo talvolta con il cibo. Anche se nessuno scienziato, al momento, è risuscito a spiegare quali siano i meccanismi, ciò ci garantirebbe la riduzione del grasso addominale, il miglioramento della funzione cardiovascolare e l’aumento della massa muscolare. Questi vantaggi sono emersi anche dalle ricerche di Anders Olsson, uno dei terapeuti della respirazione più famosi in Scandinavia, che ha analizzato centinaia di studi sull’argomento e ha effettuato numerosi esperimenti su se stesso e sugli atleti di CrossFit.
Il potere del respiro, una disciplina millenaria
Gli yogi indiani si addestrano a ridurre la quantità di aria che respirano. I buddisti tibetani, fin dal passato remoto, davano istruzioni molto dettagliate ai novizi per rendere più lenta la respirazione e diminuire il quantitativo di aria introdotta. In Giappone la leggenda vuole che i samurai testassero il valore di un soldato piazzando una piuma tra le sue narici mentre inalava ed esalava. Se la piuma si muoveva il soldato veniva scartato. Alla base di tutto ciò c’è il potere immenso attribuito al respiro che è racchiuso nel termine sanscrito prana, ovvero l’energia vitale.
Come imparare a respirare a narici alternate
Questa tecnica della tradizione yoga, chiamata Nadi Shodhana, migliora la funzione polmonare e abbassa la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e lo stress. È una pratica efficace da usare prima di una riunione, di un appuntamento importante o di andare a dormire. Ecco come fare:
1. Appoggiare delicatamente il pollice della mano destra sulla narice destra e l’anulare della stessa mano sulla narice sinistra. L’indice e il medio dovrebbero posarsi tra le sopracciglia.
2. Chiudere la narice destra con il pollice e inspirare molto lentamente dalla sinistra. A polmoni pieni fare una breve pausa, tenendo chiuse entrambe le narici, poi sollevare solo il pollice e espirare dalla narice destra.
3. Alla conclusione naturale dell’esalazione, tenere per un attimo chiuse entrambe le narici, poi inalare dalla destra. Continuare ad alternare i respiri dalle narici per 5-10 cicli.
QUESTO ESERCIZIO È UTILE PER DECONGESTIONARE IL NASO
Sedersi con la schiena dritta ed espirare dolcemente, poi chiudere le narici con le dita.
• Cercare di distrarsi dalla ritenzione del respiro e scuotere la testa in su e in giù o da una parte e dall’altra.
• Fare qualche salto o una breve camminata.
• Quando si avverte un’irrefrenabile fame d’aria, eseguire un’ispirazione molto lenta e controllare il naso (se è ancora congestionato, il consiglio è quello di respirare delicatamente con la bocca e le labbra socchiuse).
• Continuare con questa respirazione calma e controllata per almeno 30 secondi-1 minuto.
• Ripetere tutti i passi dell’esercizio 6 volte.