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Le faccine parlano più delle parole

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16/08/2024
7 Min Read
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Smile, cuori, occhiolini, dollari, coltelli, fiori, animali… Usiamo le icone nelle chat non solo per rendere più divertenti i nostri messaggi, ma soprattutto per farci capire. Gli uomini che ne usano troppe, però, non piacciono alle donne

Contents
Arrivano dal GiapponeI tre simboli più diffusiSenza di loro potremmo essere fraintesiIl cervello reagisce come davanti a un voltoMessaggiare senza dirsi nullaNon per rimorchiare

Quasi sette miliardi: è il numero totale delle “faccine” usate dagli utenti di Twitter fino ad oggi. Queste icone colorate protagoniste dei nostri post su Facebook o messaggi su WhatsApp (il loro nome corretto è emoji) hanno ormai preso il posto delle emoticon, i simboli creati con la sola punteggiatura, come 🙂 che da anni sono resenti nei messaggi di chat ed email.

Arrivano dal Giappone

La prima faccina fu lo smile, oggi affiancata dalla miriade di simboli codificati dallo standard internazionale emoji. Ben più efficaci delle vecchie emoticon, ci aiutano a far emergere le vere intenzioni delle nostre parole e a spiegarci con rapidità. Non è un caso infatti che ormai non rappresentino più solo espressioni: lo standard contiene centinaia e centinaia di simboli e oggetti (la parola stessa emoji in giapponese significa “disegno e carattere”) come pillole, pugnali, borse, scarpe, hamburger, bandiere e segni zodiacali.

I tre simboli più diffusi

1) La più diffusa emoji su Twitter è questa faccina che ride fino alle lacrime. Spesso scambiata per una che piange, in realtà è stata creata per indicare che il messaggio che abbiamo appena scritto, oppure ciò che ha appena scritto il nostro interlocutore, ci fa ridere fino a sbellicarci. Questa faccina è tra le più usate perché capace di esprimere un’emozione contagiosa come la risata. Viene spesso usata per uscire da momenti imbarazzanti nelle conversazioni online, buttandola sul ridere come facciamo dal vivo. È la versione moderna della sigla LOL (laughing out loud, rido di gusto) che molti usavano nelle chat prima dell’introduzione di emoji ed emoticon.

2) Il cuore è uno dei simboli più universali, usato già prima dell’avvento della comunicazione digitale. Lo standard emoji lo presenta in numerose varianti: secondo i dati di Matthew Rothenberg, da luglio 2013 su Twitter sono stati utilizzati più di un miliardo e cento milioni di cuoricini in più di dieci varianti (colorati, con nastrini, trafitti da frecce e altri ancora). Facile intuire perché: assieme alle risate, l’espressione delle emozioni come affetto e amore ha un posto determinante nella comunicazione digitale. E infatti tutti i cuoricini sono compresi tra le prime cento emoji più utilizzate.

3) Con milioni e milioni di post, anche la faccina che fa l’occhiolino è tra le emoji più usate su Twitter ma ancora di più nei messaggi privati, su Facebook, WhatsApp ed sms. È il modo più diretto per esprimere sintonia. Ovviamente dipende tutto dal contesto: può essere usata anche per flirtare, suggerendo quindi complicità sessuale. Tra le più semplici emoji, è anche una delle prime a essere stata codificata: era già presente prima dell’introduzione di questo standard quando le emozioni digitali erano veicolate dalle più elementari emoticon. Allora bastava un punto e virgola, un trattino e una parentesi chiusa per rappresentare l’occhiolino. Così: 😉

Senza di loro potremmo essere fraintesi

La scrittura usata nei social network è una forma di oralità scritta. Ha cioè le caratteristiche della comunicazione scritta ma l’uso sociale è simile a quello della chiacchiera a voce. Nella conversazione ha un ruolo importante l’espressione facciale e corporea, assente nello scritto. L’uso delle emoji migliora quindi la comunicazione inserendo la connotazione emotiva presente quando parliamo a quattr’occhi. Non a caso uno studio della Rice University (Usa) ha dimostrato che a usare le emoticon sono più le donne, abituate a inserire la componente emotiva in ogni conversazione.

Il cervello reagisce come davanti a un volto

L’efficacia delle emoticon è dimostrata: pare che di fronte a uno smile disegnato con la punteggiatura il nostro cervello abbia la stessa reazione che ha di fronte a un vero sorriso. Owen Churches, ricercatore australiano della Flinders University (Australia), ha misurato l’attività elettrica del cervello di venti volontari esposti alla visione di volti umani, smile e stringhe di punteggiatura disposta in ordine casuale. Effettivamente la reazione sui cervelli testati è stata la stessa sollecitata dai volti umani: l’uso questi simboli ha infatti ormai plasmato il nostro cervello spingendolo a reagire alla lettura delle parole del nostro interlocutore come se questo fosse fisicamente presente.

Messaggiare senza dirsi nulla

Tra adolescenti va di moda inviarsi messaggini zeppi di emoji e di sticker, disegni e vignette che vanno per la maggiore su sistemi di messaggistica come WhatsApp, WeChat, Facebook Messenger e Line. Anche quando una comunicazione è priva di testo serve a creare un legame o rafforzarne uno preesistente. Un po’ come parlare del tempo con uno sconosciuto: è una scusa per creare un legame. E infatti su molte app gratuite di messaggistica queste icone sono disponibili solo a pagamento.

Non per rimorchiare

Gli uomini che usano troppe emoji non piacciono alle donne. Ad affermarlo è un sito di incontri, che ha condotto un’indagine tra gli iscritti. Su quattromila casi, gli uomini che nel loro profilo mostrano di usare emoji come faccine sorridenti e ammiccanti hanno statisticamente il 6 per cento in meno di contatti da persone dell’altro sesso. Il motivo forse è che l’emoji appare infantile e poco virile.

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