Non è più solo un’ipotesi, ma una certezza: l’aria inquinata danneggia polmoni, cuore e, attraverso il sangue, tutto l’organismo, compreso il cervello. a rischio sono soprattutto le persone che vivono nelle aree urbane del mondo, in particolare gli anziani e i bambini
Secondo i dati del rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno 7 milioni di persone muoiono per l’esposizione all’inquinamento atmosferico. Il 90 per cento di queste morti si verifica nelle regioni a basso o medio reddito, soprattutto in Africa e in Asia, seguite dai territori del Mediterraneo orientale. Il fenomeno però riguarda anche l’Europa e le Americhe, soprattutto gli abitanti delle aree urbane.
Sono più esposte all’inquinamento le fasce di persone meno abbienti e quelle più vulnerabili, cioè i bambini e gli anziani; i primi perché hanno un sistema respiratorio e cardiovascolare ancora in fase di sviluppo e i secondi perché quasi sempre sono affetti da patologie croniche. L’inquinamento ha anche un impatto economico notevole sulla spesa sanitaria e sociale se si considerano i costi per le cure, le visite mediche, le giornate di lavoro perse.
Relazione causa-effetto
Oggi non vi sono più dubbi sul fatto che l’inquinamento atmosferico rappresenti un rischio per la salute umana. Numerosi studi hanno infatti dimostrato che esiste una relazione causa-effetto tra l’inquinamento e una serie di patologie che ci possono colpire a breve e a lungo termine. Non è però sempre facile distinguere tra gli effetti nocivi delle sostanze inquinanti e il fatto che le medesime malattie possano avere cause diverse dall’inquinamento. Si è visto, soprattutto grazie a studi statunitensi su campioni molto ampi di popolazione seguiti per lungo tempo, che la diminuzione dell’inquinamento atmosferico nelle città è associata alla diminuzione della mortalità: questo è un rapporto causa-effetto indiscutibile.
Attacco a cuore e polmoni
L’apparato respiratorio e quello cardiovascolare sono i principali bersagli dell’inquinamento atmosferico. Ci sono dati biologici accertati che ci portano a concludere come polveri e gas inquinanti determinino uno stato di infiammazione che conduce a gravi patologie, anche mortali: le malattie respiratorie, quelle cardiovascolari (infarto, morte improvvisa, arresto cardiaco) e i tumori. Il nostro apparato respiratorio è particolarmente sensibile agli inquinanti perché è rivestito di mucosa che, da un lato, serve a lubrificare gli organi, ma dall’altro favorisce l’ingresso delle sostanze tossiche nelle vie aree anche profonde, innescando reazioni infiammatorie responsabili di broncopatie, asma, ridotta funzionalità polmonare. Inoltre, molti inquinanti velocizzano l’accumulo di placche nelle arterie e hanno effetti infiammatori sul cuore. Non a caso, l’American Heart Association fa notare che nelle aree metropolitane più inquinate aumentano le ospedalizzazioni e le morti legate a problemi cardiaci. L’inquinamento atmosferico nel suo complesso è classificato nel Gruppo 1 delle sostanze sicuramente cancerogene secondo la IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro.
Polveri insidiose
Un gruppo di esperti riuniti dalla prestigiosa rivista medica inglese The Lancet per studiare gli effetti dell’inquinamento sulla salute ha pubblicato la sintesi più aggiornata degli studi disponibili oggi. Le associazioni causali più forti sono state osservate tra l’inquinamento da particolato PM2.5 e le malattie cardiovascolari e polmonari: infarto del miocardio, ipertensione, insufficienza cardiaca, aritmie e mortalità cardiovascolare, malattia polmonare ostruttiva cronica e cancro del polmone. Il PM2.5 è formato da particelle di sostanze inquinanti – che assorbono e trasportano anche metalli pesanti – con diametro inferiore a 2,5 micron (meno di un venticinquesimo del diametro di un capello), sospese nell’aria, che penetrano negli alveoli polmonari, cioè nelle “cellette” del tessuto polmonare responsabili degli scambi tra ossigeno respirato e sangue.
Metabolismo in tilt
Uno studio dell’Università di Shanghai (Cina) su un campione di 55 studenti universitari cinesi ha evidenziato come i giovani che vivevano in aree urbane più inquinate, soprattutto da fonti industriali, avevano nel sangue livelli più elevati di ormoni (cortisolo, cortisone, epinefrina, norepinefrina) che portavano ad alterazioni del metabolismo, ma anche maggiori concentrazioni di zuccheri e grassi. Una ricerca più vasta condotta da scienziati statunitensi della Washington University di St. Louis, Missouri (USA), ha mostrato una forte correlazione tra alte concentrazioni di PM2.5 nell’aria e l’insorgenza di diabete tipo 2, insulino-resistente. Secondo gli autori l’inquinamento atmosferico contribuirebbe al 14 per cento di tutti i casi di diabete nel mondo.
E il cervello?
Dati ancora preliminari, ma abbastanza solidi dal punto di vista epidemiologico, stanno evidenziando che l’inquinamento determina anche danni neurologici, facendo registrare un aumento dei casi di Alzheimer e altre demenze, di Parkinson e sclerosi multipla. Per esempio, nanoparticelle di magnetite, un ossido di ferro tipico delle zone ad alto tasso di inquinamento che crea danni alle cellule nervose, sono state trovate in quantità elevate nel cervello di persone decedute, di età compresa fra 3 e 85 anni, provenienti da Città del Messico e Manchester: i dati sono di uno studio dell’Università di Lancaster.
Un lavoro di statistica pubblicato da ricercatori delle Università di Pechino e di Washington che hanno studiato un campione di oltre 25mila persone residenti in 162 province cinesi, ha mostrato che l’esposizione prolungata a gas inquinanti, come anidride solforosa e biossido di azoto, e al PM10 riduce le prestazioni cognitive nella risoluzione di problemi matematici e le capacità verbali, soprattutto con l’avanzare dell’età.
Ma nel mirino degli scienziati ci sono anche autismo e iperattività: sembra, da alcune osservazioni preliminari, che l’inquinamento possa favorirli.
I luoghi chiusi sono più inquinati dell’esterno
Negli ambienti chiusi l’inquinamento può superare anche di 10 volte quello esterno. Agli inquinanti esterni, che al chiuso restano intrappolati e si accumulano, si aggiungono quelli prodotti dai materiali (mobili, colle, tessuti, candele), dalle attività umane (cottura dei cibi, riscaldamento con stufe e caminetti, pulizia con detergenti e disinfettanti volatili, uso di profumatori) e dalla presenza di persone e animali con il loro carico biologico di virus, batteri, funghi e acari che proliferano soprattutto con l’umidità eccessiva. Il consiglio degli esperti è di cambiare aria almeno due volte al giorno e, se si abita in una città inquinata, di farlo al mattino presto e alla sera, quando fuori il traffico è meno intenso e lo smog diminuisce.
Anche il caldo comporta dei rischi
I cambiamenti climatici e in particolare l’aumento delle temperature medie influiscono negativamente sulla salute perché:
- favoriscono gli eventi meteorologici estremi (lunghi periodi di siccità, alluvioni, tempeste);
- provocano pericolose ondate di calore;
- aumentano la concentrazione di inquinanti nell’aria e di ozono al suolo;
- aumentano la concentrazione di pollini e spore;
- potenziano la diffusione dei virus.