Fa parte della natura dell’uomo, è cieca e non ha altro scopo al di là di se stessa. Semina morte e violenza, genera piani diabolici e influenza il corso degli eventi: ecco i grandi che l’hanno cercata
«Sì, vendetta, tremenda vendetta», così tuonava il buffone di corte Rigoletto nell’opera verdiana, pensando al Duca di Mantova che ha disonorato sua figlia. Ed è proprio la vendetta uno dei sentimenti che anima il cuore degli uomini fin dalla notte dei tempi, come ci ricordano i miti greci. Subire un torto o pensare di averlo subito scatena spesso nell’animo umano un desiderio di rivalsa contro colui che l’ha compiuto, che talora non accenna a placarsi fino al compimento della vendetta; una vendetta che il più delle volte sconfina nella follia più accecante.
Pensiamo, ad esempio, a Medea, un’eroina negativa della mitologia greca, che per vendicarsi con il marito Giasone di esser stata da lui abbandonata oltre ad ucciderne la nuova compagna e il futuro suocero, arriva al punto di togliere la vita anche ai loro figli, per essere certa di farlo soffrire in modo straziante (e, infatti, in alcune versioni del mito Giasone si suicida subito dopo per il dolore). La realizzazione della vendetta contro il marito appare, quindi, prioritaria rispetto all’amore di madre e alla indicibile sofferenza che pure l’infanticidio le causa (una situazione che trova terribili conferme in molti casi di cronaca nera). Tra le caratteristiche della vendetta, infatti, c’è anche quella di essere cieca di fronte alle conseguenze che può comportare per gli altri, ma anche per sé.
È il caso di Achille, che dopo la morte del compagno Patroclo, torna a combattere con un unico obiettivo: uccidere Ettore, l’eroe troiano che ne è responsabile. La furia omicida di Achille non si ferma davanti a nulla, nonostante gli sia stato predetto che morirà sotto le mura di Troia, finché non uccide “l’assassino”, di cui poi oltraggia il cadavere legandolo per i piedi al suo carro e trascinandolo in una corsa disperata e delirante attorno alla città. Anche l’Antico Testamento offre un ricco catalogo di vendette a partire proprio da quella divina, l’unica vendetta possibile secondo la Bibbia: «A me la vendetta e la retribuzione, quando il loro piede vacillerà! Poiché il giorno della sventura è vicino e ciò che li aspetta non tarderà», si legge nel Deuteronomio 32:35. Un concetto ribadito anche da Paolo nella lettera ai Romani, 12:19: «Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore».
Numerose anche le vendette private, come quella della moglie del funzionario egiziano Putifarre che, per vendicarsi di esser stata respinta da Giuseppe, fa arrestare l’integro e avvenente schiavo ebreo accusandolo di violenza carnale (Genesi 39, 6-20). Non è un caso che la tradizione ci rimandi diversi racconti di spietate vendette al femminile; la donna vendicatrice, infatti, è un archetipo comune nell’immaginario e nella tradizione artistica.
La storia, tuttavia, ci dice che la vendetta è un sentimento che può animare i pensieri di chiunque, senza distinzioni di genere o di età. Talora, inoltre, ha perfino risvolti positivi e può diventare uno stimolo per raggiungere finalmente un obiettivo a lungo inseguito; in questi casi, però, si parla di rivincita.
Una parola presente in tutte le lingue
Il termine “vendetta”, presente in tutte le lingue arcaiche, ha origini oscure, che tradiscono la concezione che ne avevano gli antichi. Le diverse etimologie della parola “vendetta” e del verbo “vendicare”, infatti, indicano tutte una certa legittimità, concetto espresso anche dalla “legge del taglione” in cui a ogni offesa ricevuta ne corrisponde un’altra di pari entità. “Vendetta” potrebbe derivare dall’unione delle parole latine venum (prezzo) e dicare (offrire), cioè stabilire il prezzo, inteso come risarcimento; un’altra ipotesi è che provenga da vindex e significhi farsi vindice, cioè riscattatore. Nel diritto romano, inoltre, la vindicta era la verga con cui il magistrato toccava lo schiavo che otteneva la libertà davanti al suo padrone nella cerimonia della manomissione.
Anche la nota espressione “La vendetta è un piatto che va servito freddo” ha un’origine nebulosa; la frase appare in un romanzo del 1841, Mathilde di Eugène Sue, ma chi l’ha inventata è sconosciuto. Più di recente ha ritrovato popolarità perché è stata usata come citazione d’apertura nei film di Quentin Tarantino Kill Bill, incentrati proprio sulla figura di una spietata vendicatrice.
La vendetta del conte di Montecristo s’ispira a una storia vera
La vendetta ha ispirato scrittori di tutti i luoghi e tutti i tempi, dall’Amleto di William Shakespeare (il principe danese vuole vendicare il padre uccidendo lo zio) al celebre romanzo Moby Dick di Herman Melville (il capitano Achab persegue per tutta la vita propositi di vendetta contro la balena bianca che gli ha fatto perdere una gamba). Ma un’opera, più di tutte, esemplifica questo tema: Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Ingiustamente incarcerato a causa di un complotto ordito da tre amici, il protagonista Edmond Dantès medita una lucida vendetta, che porterà a termine a più di vent’anni di distanza dai torti subiti. L’intricato piano da lui messo a punto durante la prigionia trova però riscontro in una vicenda vera.
È il 1807 e il ciabattino francese Pierre Picaud è prossimo alle nozze con una donna bella e agiata, Marguerite. Tre suoi amici (Loupian, Solari e Chaubart), invidiosi, lo screditano accusandolo di essere una spia; così Picaud viene arrestato e condotto al forte di Fenestrelle, dove rimarrà fino alla caduta dell’Impero napoleonico nel 1814. Scavando a mani nude, Picaud crea un passaggio alla cella confinante, dove c’è un sacerdote italiano, padre Torri, che gli confida di aver abbandonato a Milano un piccolo tesoro. In punto di morte gli indica dove e come recuperarlo. Una volta rilasciato, Picaud, anche grazie ai soldi di padre Torri, si vendica uccidendo gli ex amici. Il primo è Chaubart, il cui cadavere viene ritrovato con accanto un biglietto minaccioso: “Numero uno”. Solari è il secondo, avvelenato e accompagnato dalla solita misteriosa iscrizione.
Loupian, l’ideatore delle accuse che ha addirittura sposato Marguerite, è il terzo. Picaud fa sedurre sua figlia da un sedicente nobiluomo. La ragazza, ormai disonorata, muore per la vergogna e lo choc. Poi Picaud incendia il ristorante di Loupian e infine lo pugnala a morte, ponendo così fine alla sua terribile vendetta.
Dalla parte dei “Vendicatori”: In certi casi non si può dire che avessero tutti i torti…
945: Olga di Kiev, regina e santa
Poche vendette nella storia antica e recente equivalgono quella portata a termine dalla principessa Olga di Kiev (879-969). Sposata al principe Igor, ha un figlio piccolo, destinato al trono. Igor, però, viene ucciso dalla tribù dei Drevlijani durante la riscossione delle tasse. Olga si trova dunque sola al potere e i Drevljani inviano 20 dei loro uomini migliori per convincerla a sposarsi con il loro principe; fingendo di essere lusingata, accoglie i messaggeri, ma ordina di seppellirli vivi. In seguito informa il principe di accettare la proposta ma richiede che tutti i nobili Drevljani si rechino a corte per preparare le nozze. Giunti al castello, Olga li invita a farsi una sauna per ristorarsi; poi li chiude dentro e appicca il fuoco, bruciandoli vivi. I Drevljani, a questo punto, fanno un’offerta di pace; Olga chiede solo tre piccioni per ogni casa. Quando li riceve, fa legare alle loro zampette dei pezzetti di zolfo e di stoffa e li lascia liberi; gli uccelli volano ai loro nidi provocando l’incendio dei tetti in paglia di tutte le case. Non ancora soddisfatta, cattura e riduce in schiavitù i superstiti in fuga dalla città in fiamme.
1807: George Byron e l’orso
Il poeta inglese George Byron (1788-1824, nella pagina a lato) non può staccarsi dal suo cane Boatswain. Quando entra al Trinity College di Cambridge nel 1807 viene a sapere che non gli è permesso tenerlo con sé. Adirato, studia il regolamento dell’università e scopre che il divieto riguarda solo i cani. Così porta a Cambridge un piccolo orso e ai professori non resta che accettare il peculiare compagno di studi.
1946: Per il sangue degli ebrei
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, gli Alleati devono individuare i colpevoli dell’Olocausto e assicurarli alla giustizia, ma nello stesso tempo devono ristabilire pacifiche relazioni con la Germania. La soluzione che ne segue, cioè il Processo di Norimberga in cui vengono processati soltanto 47 nazisti coinvolti nella Shoah, lascia insoddisfatti gli ebrei. Alcuni partigiani ebrei che avevano combattuto nei ghetti polacchi si riuniscono quindi in un gruppo guidato da Abba Kovner e chiamato “Dam Yehudi Nakam” (Il sangue ebreo sarà vendicato): il loro obiettivo è vendicare lo sterminio nazista, facendo almeno 6 milioni di morti tra i tedeschi (tanti quanti erano stati i morti ebrei nei campi di concentramento). Le prime operazioni si rivolgono contro singoli criminali nazisti, uccisi in finti incidenti stradali o inscenando un suicidio, ma il piano si fa presto ben più ambizioso: l’idea è di avvelenare le condutture d’acqua delle principali città tedesche. Kovner, però, viene arrestato dagli inglesi al suo arrivo in Europa e gli viene sequestrato un grosso quantitativo di arsenico. Gli altri membri dei Nakam elaborano allora un piano ridotto: avvelenano il pane per i prigionieri tedeschi, introducendosi nella panetteria che rifornisce il campo americano a Norimberga. Centinaia di condannati si sentono male, ma il numero dei morti effettivi ancora oggi non è chiaro.
… non c’è furia dell inferno peggiore di una donna respinta
2014: Quel seduttore di Hollande
«Non c’è furia dell’inferno peggiore di una donna respinta», scriveva William Shakespeare; il presidente della Repubblica francese François Hollande deve aver pensato la stessa cosa il 4 settembre 2014 quando nelle librerie di tutto il paese è uscito il libro della sua ex compagna, Valérie Trierweiler. Il libro-confessione, intitolato Grazie per questo momento, ripercorre la relazione tra lei e il presidente, mettendolo in cattiva luce come un uomo ipocrita e bugiardo. In particolare, il politico socialista è accusato di utilizzare il termine dispregiativo sans dents (senza denti) riferendosi ai più poveri. Una bomba per la popolarità del presidente, che infatti scende ai livelli più bassi della storia. Ma di cosa si sta vendicando Valérie con le sue rivelazioni? Quasi otto mesi prima un paparazzo ha scoperto che Hollande ha un’amante, Julie Gayet, che visita di nascosto in un appartamentino a pochi metri dall’Eliseo. Lo scoop giornalistico umilia pubblicamente Valérie, fino ad allora compagna ufficiale di Hollande. Viene ricoverata in ospedale per lo choc; la vendetta, però, non tarderà ad arrivare dalle pagine scandalo della sua autobiografia.
Charles Wilson: storia di una carriera politica cominciata per vendicare la morte di un cane
Charles Wilson (1933-2010) è stato un politico statunitense, eletto al Congresso nelle fila dei Democratici nel 1973. Noto al pubblico per la sua indole festaiola e per le ragazze avvenenti di cui si circondava anche sul lavoro (le cosiddette “Charlie’s Angels”), Wilson si fece conoscere a Washington per un forte impegno in politica estera, soprattutto appoggiando la lotta della guerriglia afghana contro l’Unione Sovietica (nel 2007 Tom Hanks lo ha rappresentato nel film La guerra di Charlie Wilson, dedicato proprio al programma segreto di finanziamento dei combattenti afghani, l’Operazione Cyclone). Non tutti sanno, però, che il percorso politico di Wilson iniziò per vendetta. Subito dopo la Seconda guerra mondiale, il suo vicino di casa gli uccise il cane, entrato per sbaglio nel giardino confinante, avvelenandogli il cibo. Addolorato e deciso a vendicarsi, Wilson, allora ragazzino, mise in atto un piano diabolico: il vicino di casa era il favorito nella corsa a sindaco della cittadina di Trinity e Wilson organizzò un’instancabile campagna porta a porta contro di lui. Dopo aver ottenuto un permesso di guida temporaneo, inoltre, si dedicò ad accompagnare ai seggi coloro che erano impossibilitati a farlo e riuscì a portare a votare 96 elettori. Alle elezioni il vicino di casa fu sconfitto per soli 16 voti e Wilson si prese l’ulteriore soddisfazione di andare a spiegargli i motivi della sua azione, raccomandandogli di non uccidere più altri animali. Vendicando il suo cane, inoltre, Wilson aveva scoperto l’emozione dell’impegno politico: il suo destino era ormai segnato.