Dormendo passiamo in una dimensione indispensabile per rigenerare corpo e mente. Ma le nostre notti sono sempre più disturbate
Ogni giorno, per molte ore, perdiamo il dominio del corpo e dei pensieri. La mente si distacca dalla realtà e inizia a seguire un percorso tutto suo, dettato da onde nel l’attività cerebrale che procedono secondo uno schema preordinato e incontrollabile. L’organismo si ricarica, ma noi siamo inermi e indifesi.
Se non fosse importante, la natura non ci avrebbe concesso di trascorrere tanto tempo in quello stato di vulnerabilità assoluta.
INCIDENTI DA INSONNIA
La scienza conferma quanto il sonno sia fondamentale: dopo 18 ore svegli, impieghiamo da un quarto di secondo a mezzo secondo in più per reagire a uno stimolo. E, dopo 24 ore, la capacità del cervello di usare il glucosio cala bruscamente, soprattutto nelle aree preposte al ragionamento e al controllo delle emozioni.
Diversi studi hanno dimostrato che mettersi al volante dopo una notte insonne è come farlo da ubriachi. Mentre la carenza di sonno è stata indicata come una concausa di alcuni incidenti che hanno segnato gli ultimi 50 anni di storia, fra cui quello della petroliera Exxon Valdez del 1989, il disastro dello Space Shuttle del 1986 e persino quello di Chernobyl, lo stesso anno.
A partire dalla metà del secolo scorso, l’invenzione di strumenti che registrano l’attività cerebrale e quella di muscoli e organi ha permesso di chiarire che cosa succede durante la notte.
L’elettroencefalogramma, in particolare, si è addentrato nel mistero del cervello addormentato, rivelando un’attività sorprendentemente varia e a tratti persino più vivace di quella che si registra nelle ore di veglia. Il tracciato mostra due fasi, che si alternano ciclicamente: la fase non-Rem è la prima a manifestarsi e occupa il 75-80% del sonno totale; la fase Rem, invece, fu identificata già nel 1953 dallo scienziato statunitense Eugene Aserinsky, sulla base dei movimenti oculari che si percepiscono dietro le palpebre chiuse (Rem è l’acronimo di Rapid Eye Movements).
IL CERVELLO IN ALTALENA
La fase non-Rem è a sua volta suddivisa in 4 stadi.
- Il primo rappresenta il passaggio dalla veglia al sonno, dura da uno a sette minuti e può essere facilmente interrotto da disturbi esterni, come per esempio un rumore.
- Il secondo, della durata di 10-25 minuti, costituisce il 45-55% del sonno totale ed è caratterizzato da un tracciato molto singolare dell’elettroencefalogramma, con segni caratteristici che gli studiosi hanno collegato ai processi di consolidamento della memoria e all’apprendimento.
- Gli stadi 3 e 4, che precedono la fase Rem, costituiscono il cosiddetto “sonno a onde lente”, presente solo nella prima parte della notte, ma cruciale per la riorganizzazione dei circuiti cerebrali.
A livello fisiologico, il sonno a onde lente è caratterizzato anche dal calo nella produzione di ormoni dello stress, come il cortisolo. L’importanza del sonno non-Rem è emersa solo in anni recenti. In precedenza, infatti, l’interesse degli studiosi si era rivolto principalmente alla fase Rem e all’attività cerebrale particolarmente vivace che la caratterizza: un’attività irregolare, concentrata soprattutto nelle aree legate alle sensazioni e ai movimenti (i muscoli però non rispondono, perché sono come paralizzati). La fase Rem è il regno dei sogni che ricordiamo il giorno seguente. Limitata a periodi brevi nella prima parte della notte, si allunga con il passare del tempo e diventa preponderante nelle ore che precedono il risveglio. Per questo motivo, i sogni del mattino sono più complessi e li rammentiamo con un livello maggiore di dettaglio.
QUANTITÀ E QUALITÀ
Numerosi studi hanno chiarito che dormire poco e male ci rende meno efficienti durante la giornata e che, se il problema persiste, può danneggiare la salute in molti modi (vedi articolo seguente).
Stimare la quantità di sonno necessaria a ciascuno di noi è però difficile, perché ci sono variazioni individuali ma anche perché a volte il problema non sta tanto nel numero di ore dormite, ma nella qualità. Per esempio, chi soffre di apnee notturne va incontro a continui risvegli (di cui a volte non si rende neppure conto) che alterano l’architettura del sonno e creano sonnolenza e altre difficoltà durante il giorno. Tuttavia, nella maggior parte della popolazione adulta vale la regola delle 8 ore per notte. Si tratta però di un obiettivo sempre più difficile da raggiungere.
A mettersi di mezzo fra noi e il cuscino ci sono abitudini ormai consolidate, come quella di utilizzare la sera telefonini, tablet e computer, il cui schermo emette una luce blu che interferisce con la produzione di melatonina (l’ormone che ci induce al sonno). Le buone abitudini (vedi riquadro), adottate dai singoli, possono aiutare gli insonni cronici, ma non permettono di risolvere il vero problema, che è molto più ampio e che riguarda tutti.
I LADRI DI SONNO
La società si evolve in un modo che non favorisce il riposo notturno; nell’ultimo secolo abbiamo perso in media un’ora di sonno a testa. Per esempio le attività sportive e ricreative si svolgono ormai per lo più la sera, e il 25-30% delle persone è occupato in lavori che interferiscono con il riposo. Una società attiva h24 non è però compatibile con le nostre necessità fisiologiche.
La tendenza è generale e riguarda il mondo intero. Uno studio dell’Università del Michigan (Usa), pubblicato su Science Advance, ha concluso che le pressioni culturali e sociali fanno sì che quasi ovunque sia impossibile rispettare i ritmi naturali del nostro orologio interno. Nei 100 Paesi analizzati, gli uomini fra i 30 e i 60 anni raramente arrivano a 7 ore di sonno, mentre le donne dormono un po’ di più, perché si coricano prima. Così, recentemente, sulla rivista australiana Aeon, l’economista Jonathan White è arrivato a parlare di un “diritto al sonno” che andrebbe garantito per legge.
Né va meglio per i giovanissimi. Secondo un’analisi dell’Università di Adelaide (Australia), che ha esaminato oltre tremila ricerche effettuate in 20 Paesi su più di 690.000 soggetti, tra il 1905 e il 2008 i bambini e i ragazzi di età comprese fra i 5 e i 18 anni hanno perso 75 minuti di sonno a notte, pur con grandi variazioni a seconda dell’area geografica.
ATTENZIONE AI RAGAZZINI!
Le conseguenze sulla salute dei più giovani sono particolarmente preoccupanti, come dimostra una ricerca pubblicata alla fine di luglio sulla rivista Lancet Child & Adolescent Medicine. Lo studio ha seguito per due anni 8.323 bambini di età comprese fra 9 e 10 anni, suddivisi in due gruppi: coloro che dormivano almeno 9 ore per notte (ovvero, la quantità minima raccomandata dall’American Academy of Sleep Medicine per la fascia di età compresa fra i 6 e i 12 anni) e coloro che invece dormivano meno.
I risultati mostrano che questi ultimi tendono ad avere difficoltà cognitive (nel processamento delle informazioni, nella memoria e così via) e comportamentali. I ricercatori, poi, sono stati in grado di collegare questi problemi ad anomalie strutturali molto precise, identificate tramite la risonanza magnetica.
Le anomalie osservate fra i ragazzini che non dormono abbastanza sono quelle tipiche della carenza di sonno anche negli adulti. In particolare, riguardano i gangli della base, regione cerebrale implicata nella regolazione del ritmo sonno-veglia, e la corteccia, responsabile delle funzioni cognitive più sofisticate.
A SCUOLA PIÙ TARDI?
Lo studio di Lancet è molto più di un campanello d’allarme, perché conferma che la carenza di sonno nei giovani determina problemi cognitivi e comportamentali, e perché individua un effetto a lungo termine, sulla struttura del cervello. Le soluzioni però non sono semplici, anche perché alle cattive abitudini si sommano i fattori ormonali, che fanno sì che durante l’adolescenza i ragazzi tendano ad andare a dormire più tardi. È un fatto del tutto fisiologico, che un tempo era mitigato dalla scarsità di stimoli dopo una certa ora, ma che adesso viene invece amplificato dalla presenza di possibili svaghi lungo tutte le 24 ore.
Per venire incontro alle esigenze fisiologiche dei più giovani, una risposta sembra essere quella di posticipare l’ingresso a scuola. Le sperimentazioni in tal senso, condotte all’estero e anche in Italia, dimostrano che la soluzione è percorribile e che funziona. Per esempio, già da qualche anno l’Istituto Majorana di Brindisi ha scelto di ritardare l’inizio delle lezioni e, alla fine del 2020, uno studio condotto dal dipartimento di psicologia dell’Università La Sapienza di Roma, ha valutato i risultati della decisione. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature and Science of Sleep, ha trovato che gli studenti che avevano la possibilità di alzarsi un’ora dopo al mattino avevano migliori risultati scolastici, livelli maggiori di attenzione e facevano meno assenze.
Il cervello si ricarica
Le fasi, gli stadi e le loro variazioni
Un ipnogramma, grafico che mostra come procede il sonno durante la notte. Le fasi Rem si allungano con il passare delle ore, mentre il Sonno a Onde Lente (Sol) è tipico della prima parte della notte. Durante il sonno Rem si producono alcuni ormoni legati allo stress.
Le registrazioni dell’attività nervosa
Il tracciato di alcuni elettroencefalogrammi (EEG) eseguiti durante la veglia e nelle diverse fasi del sonno. I picchi che si vedono nello stadio 2 del sonno non-Rem sono stati associati al consolidamento della memoria. Il sonno profondo (stadi 3 e 4) è caratterizzato da onde regolari e intense. Il tracciato del sonno Rem è quello che assomiglia di più a quello della veglia.
Ogni età ha i suoi ritmi
Le caratteristiche del sonno si modificano con l’età. Ai due estremi ci sono i neonati, che dormono dalle 16 alle 18 ore al giorno, e gli anziani, che faticano ad arrivare a 7. Con l’età, aumenta il tempo impiegato per addormentarsi e si riducono i periodi di sonno Rem e di sonno a onde lente (Sol). Cambiano anche gli orari: gli adolescenti e i giovani tendono ad andare a dormire più tardi e a svegliarsi dopo.
Che cosa succede al corpo mentre dormiamo
CUORE
Nella fase non-Rem la frequenza cardiaca rallenta e la pressione arteriosa si riduce; nella fase Rem la frequenza cardiaca aumenta e la pressione sale.
SISTEMA NERVOSO SIMPATICO
È il sistema che si attiva in situazioni di stress. Riduce la sua attività nella fase non-Rem e aumenta nella fase Rem.
TONO MUSCOLARE
Nella fase non-Rem è simile a quello della veglia, ma nella fase Rem si azzera (è il motivo per cui quando sogniamo non cadiamo continuamente dal letto).
FLUSSO DI SANGUE AL CERVELLO
È ridotto nella fase non-Rem, ma paragonabile a quello della veglia in fase Rem.
FREQUENZA RESPIRATORIA
Aumenta e diventa irregolare nella fase Rem.
ECCITAZIONE SESSUALE
Può essere presente nella fase Rem.
FUNZIONE RENALE
Durante il sonno la funzione renale si riduce (per questo al mattino le urine sono più concentrate).
SISTEMA ENDOCRINO
Nelle prime ore di sonno aumenta la produzione dell’ormone della crescita, presente soprattutto nella fase di sonno a onde lente.
TEMPERATURA
Scende di circa un grado durante la notte.
Trucchi per la Buonanote
Dormire è anche una questione di buone abitudini. Ecco che cosa consigliano gli esperti a chi passa la notte a rigirarsi nel letto.
• Stare il più possibile all’aperto durante il giorno per esporsi alla luce solare.
• Mantenere orari fissi per coricarsi e svegliarsi, anche nei weekend.
• Spegnere computer, tablet e smartphone 30 minuti prima di andare a letto.
• Scegliere per la stanza da letto luci con tonalità gialle o rosse. Evitare i Led (che emettono nel blu).
• Mantenere la temperatura della stanza fra i 18 e i 21 gradi.
• Evitare esercizi fisici faticosi la sera.
• Evitare l’assunzione di sostanze stimolanti (caffè, cioccolata, tè e così via) nelle 3-4 ore precedenti il sonno.
• Non assumere alcolici la sera (compromettono la qualità del sonno).
• Limitare a 20 minuti gli eventuali sonnellini pomeridiani.
• Se non si riesce a dormire durante la notte, alzarsi e dedicarsi ad altro per circa mezz’ora.