La scienza non ha più dubbi sulle gravi conseguenze del cambiamento climatico in corso né sul fatto che le maggiori responsabilità vadano attribuite alle attività umane. Ma l’atteggiamento più costruttivo è quello che fa tesoro di quanto di positivo rimane e da qui riparte per costruire un futuro migliore
Stiamo facendo molto poco per arrestare i danni del cambiamento climatico che abbiamo provocato e che sta andando oltre le nostre capacità di controllo, mettendo in pericolo la specie umana e tutti gli esseri viventi che popolano la Terra. Tuttavia, possiamo rifiettere in modo più ottimista pensando al cambiamento climatico come alla nostra ultima possibilità per costruirci un futuro migliore. In altri termini: abbiamo toccato il fondo e possiamo solo risalire, purché la smettiamo di… scavare! Soprattutto per cercare petrolio, come ancora avviene in molte parti del mondo. Ecco allora alcune buone notizie. 10 buone notizie sul cambiamento climatico.
1. La Terra non è in pericolo
È la prima buona notizia. Non è a rischio il pianeta, che può benissimo continuare a esistere senza di noi e sappiamo già che lo farà, seguendo la naturale evoluzione degli eventi. In pericolo è il nostro attuale sistema di vita, che deve essere cambiato e per fortuna oggi sappiamo come farlo.
2. Non ci sarà una glaciazione
Una nuova glaciazione sarà impossibile almeno fino a quando i livelli di gas serra nell’atmosfera rimarranno così elevati. La consideriamo la seconda buona notizia. Durante l’ultimo periodo glaciale, terminato circa 20mila anni fa, la temperatura media del pianeta era scesa di 5 °C rispetto al precedente periodo caldo dell’Eemiano (130mila anni fa) e vaste aree erano ricoperte da spessi strati di ghiaccio. L’altalena fra periodi caldi e glaciali è determinata da cause astronomiche, cioè da variazioni periodiche dell’eccentricità, dell’inclinazione assiale e della precessione dell’orbita terrestre. Ma lo sbilanciamento energetico creato dai gas serra umani è una forza molto superiore a quella che ha generato l’avvio delle fasi glaciali e interglaciali. Una delle prove è arrivata dall’analisi dei sedimenti lacustri della zona artica, da cui abbiamo ricostruito le temperature di quell’area negli ultimi duemila anni: fino all’inizio del XX secolo l’Artico si stava lentamente raffreddando, ma da quel momento le emissioni di gas serra delle attività umane hanno invertito la rotta, con rapidità non paragonabile alle oscillazioni dei venti secoli precedenti.
3. Esiste una soluzione
Poiché i danni del surriscaldamento sono superiori ai vantaggi di avere evitato una glaciazione, dobbiamo correre ai ripari. La via d’uscita è una sola: abbandonare prima possibile i combustibili fossili (carbone, petrolio e gas). Possiamo farlo e questa è la terza buona notizia. Il modo più efficiente è sviluppare fonti di energia alternative: sole, vento, geotermia, moto ondoso e maree, energia idroelettrica ecc. Si stanno sperimentando anche nuove tecnologie, come la cattura e lo stoccaggio sotto terra, in acquiferi salini, dell’anidride carbonica (CO2) prodotta dalla combustione delle biomasse (frazione biodegradabile dei rifiuti), o come la riduzione dell’acidità degli oceani per trattenere più CO2. Ma sono sistemi ancora allo studio e nella fase attuale di emergenza non possono essere l’unico approccio al problema. Tutte queste tecnologie che si chiamano di “emissioni negative” (perché sottraggono gas) andranno usate dopo che saremo andati a zero con le emissioni di gas serra.
4. Le fonti sono inesauribili
Oltretutto, fonti energetiche come il sole e il vento sono inesauribili nella scala temporale umana: è la quarta buona notizia. Le tecnologie già ci sono e migliorano sempre più. Oggi per il fotovoltaico servono un terzo in meno dello spazio che occorreva solo qualche decennio fa per produrre la stessa elettricità e un decimo dei soldi. Per questo la potenza dei pannelli solari installati è cresciuta di 100 volte negli ultimi dodici anni. Cogliere queste opportunità è una questione di scelte politiche.
5. A conti fatti conviene
Il non fossile conviene anche dal punto di vista economico e questa è la quinta buona notizia. Secondo una stima dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE), la transizione verso un nuovo sistema energetico richiede investimenti colossali pari ad almeno 320mila miliardi di dollari dal 2010 al 2050. Ma una buona parte di questi, ovvero 270mila miliardi di dollari, sarebbe necessaria al normale ricambio delle infrastrutture energetiche anche se rimanessimo ancorati ai combustibili fossili. Mentre i circa 50mila miliardi di dollari in più che occorrono per investire in tecnologie non fossili permetterebbero, secondo l’AIE, di risparmiare cifre maggiori di quanto costino combustibili e carburanti che non sarebbe più necessario bruciare. Anche tenendo conto dei tassi di interesse per anticipare le spese, ci sarebbe comunque un guadagno.
- Abbiamo emesso 1.900 miliardi di tonnellate di CO2
Se vogliamo avere buona probabilità (66 per cento) di limitare a meno di 2 °C il riscaldamento globale, le emissioni cumulate di CO2 da tutte le fonti dipendenti dall’uomo devono essere inferiori a 2.900 miliardi di tonnellate. Ma dall’inizio della Rivoluzione Industriale ne abbiamo già emesse circa 1.900 miliardi di tonnellate, utilizzando così due terzi del cosiddetto “spazio di carbonio” disponibile: tutte le future generazioni dovranno dividersi il terzo rimanente, pari a 1.000 miliardi di tonnellate. Al ritmo delle attuali emissioni di 36 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, lo spazio di carbonio disponibile sarebbe completamente esaurito in circa 28 anni.
- Più salgono le temperature, più è in pericolo la biodiversità
Sul breve periodo, il surriscaldamento globale dipende dalla presenza in atmosfera di tutti i gas serra capaci di alterare il bilancio energetico terrestre, ma sul lungo periodo, cioè in millenni, dipende in modo lineare soprattutto dalla quantità cumulata di CO2 in atmosfera: maggiori sono le emissioni cumulate e maggiore è l’aumento di temperatura perché, rispetto agli altri gas, la CO2 permane molto più a lungo nell’atmosfera: un quinto di quanto viene oggi immesso vi resterà ancora per mille anni. I sistemi climatici hanno un’inerzia che sposta gli effetti di parecchi decenni rispetto alle cause e ciò inganna. Invece, non c’è più tempo da perdere. Si è infatti calcolato che, più aumentano le temperature, più aumenta la gravità dei pericoli. Già oggi, con un aumento delle temperature di 1 °C rispetto ai livelli preindustriali (1880-1910) , stiamo verificando impatti seri, per esempio sulla biodiversità.
- Il rischio è che faccia ancora più caldo
Oggi abbiamo molti dati scientifici sulla questione climatica, grazie soprattutto alle misurazioni che si possono compiere con gli strumenti al suolo e con quelli da satellite e grazie ai supercalcolatori che elaborano i dati di modelli matematici sempre più sofisticati. Sappiamo che le attività umane generano ingenti quantità di anidride carbonica (CO2) dalla combustione di carbone (il peggiore perché ne emette più di tutti), petrolio e gas, dalla deforestazione e dall’agricoltura estensiva, e notevoli quantità di altri gas serra quali metano, protossido di azoto e gas fluorurati. Per trovare livelli così elevati bisogna tornare indietro a qualche milione di anni prima della comparsa di Homo sapiens sulla Terra. L’aumento dei gas serra incrementa la temperatura media del nostro pianeta che nell’ultimo secolo è cresciuta mediamente di 1 °C (l’aumento più elevato degli ultimi due millenni) e, se non ci saranno consistenti riduzioni delle emissioni di gas serra, aumenterà ancora di 3-4 °C, generando sempre più ondate di calore, periodi siccitosi, tempeste, innalzamento del livello del mare e deglaciazioni delle calotte polari, con impatti rilevanti sugli ecosistemi e sulle attività umane.