Gennaio 1952: i gruppi studenteschi «nazionali» che dominano le università decidono di impedire al deputato Umberto Calosso del PSDI di tenere lezioni alla Sapienza. Il motivo? Calosso era un cosiddetto «articolo16», un italiano cioè che durante la Seconda guerra mondiale aveva attivamente aiutato il nemico, gli Alleati. E che, con la scon tta dell’Italia, era stato protetto dal 16° punto del Trattato di Pace per intraprendere subito una brillante carriera politica e accademica. Un saggio sulla storia del FUAN, l’organizzazione universitaria di Destra, racconta anche quell’episodio goliardico
«L’Italia non incriminerà né molesterà i cittadini italiani, particolarmente i componenti delle Forze Armate, per il solo fatto di aver espresso simpatia per la causa delle Potenze Alleate e Associate o di aver svolto azioni a favore della causa stessa, durante il periodo compreso tra il 10 giugno 1940 e la data di entrata in vigore del presente trattato». In poche parole, non possono essere perseguiti coloro che nel periodo bellico si sono apertamente schierati contro l’Italia fascista, anche prima dell’armistizio dell’ 8 settembre 1943. Per i dirigenti del FUAN costoro sono dei traditori della Patria e come tali vanno trattati. L’Ordine del Giorno presentato da Carlo Casalena [dirigente del FUAN NdR] è molto diretto, senza tanti giri di parole: «I rappresentanti dei Gruppi Universitari della corrente nazionale, convenuti a Roma per procedere alla loro unificazione, decidono che il primo atto di vita del costituito FUAN consiste nell’impegno di impedire l’accesso nelle università italiane a quanti vivono protetti dall’art. 16 del trattato di pace».
Se la battaglia, che trova peraltro l’unanimità di tutte le anime della gioventù missina, è chiara, l’obiettivo si chiama Umberto Calosso, in quel periodo deputato del PSDI, che negli anni Trenta se ne era andato dall’Italia, aderendo prima a Giustizia e Libertà e poi entrando, durante la Guerra di Spagna, nelle Brigate Internazionali. Avrebbe in seguito collaborato a Radio Londra, nelle trasmissioni per l’Italia, dove sarebbe tornato a Fascismo caduto, andando a insegnare Letteratura italiana all’Università di Roma. Calosso sa già di non essere digerito dagli universitari nazionali; ne ha «gustato» un antipasto il 31 gennaio del ’49, quando gli studenti missini gli hanno impedito di svolgere una sua conferenza alla Facoltà di Lettere, a suon di fischi e sputi. È il Gruppo Caravella a rivendicare, con un volantino, la paternità della protesta. Il giorno precedente, a Perugia, simile sorte era toccata all’allora ministro della Difesa Randolfo Pacciardi, che in un teatro era stato accolto da fischi e dal coro «Sedi-ci, Se-di-ci!».
Dopo il Congresso di fondazione del FUAN, la fase di rodaggio organizzativo […] termina proprio con una mobilitazione generale contro il deputato socialdemocratico. L’inizio delle danze è la mattina del 16 gennaio del 1952. Calosso deve inaugurare il suo corso bisettimanale di libera docenza dedicato alla vita politica di Vittorio Alfieri; l’aula 3 della Facoltà di Lettere è quasi tutta piena. Appena fa il suo ingresso, uno studente del FUAN prende subito la parola e spiega in anticipo a Calosso che difficilmente la sua lezione andrà avanti; seguono fischi, offese, battiti ritmati sui banchi (per riecheggiare la sigla di Radio Londra). La breve replica non fa che esacerbare gli animi, tanto che il deputato è costretto a rifugiarsi all’Instituto di Filologia Moderna, mentre le forze dell’ordine cercano di riportare la calma per garantirgli un ritorno a casa più tranquillo. È chiaro che non è finita qua, anzi mentre il FUAN studia le successive mosse, inizia a divampare la polemica politica, con «l’Unità» che, lamentando il fatto che non ci siano stati fermi tra gli studenti nazionali, si augura che «il Magnifico Rettore e gli stessi organismi studenteschi prendano al più presto severe misure disciplinari nei confronti dei responsabili di una gazzarra così incivile».
Una settimana dopo, una sorta di comitato in favore di Calosso distribuisce, davanti al Rettorato, volantini in sua difesa; ne scaturisce una rissa, durata più di un’ora e sedata con difficoltà da agenti della Celere. Non sono pochi i contusi; tra questi l’allora ventiduenne Giuseppe Ciarrapico. Tra i sostenitori di Calosso anche molti estranei al mondo studentesco, come rilevato, il giorno successivo, in un altro volantino, stavolta del FUAN Caravella. Non se la passano bene coloro che lo rifiutano: viene malmenato e ferito anche Renzo De Felice, allora studente comunista iscritto al quarto anno di Filosofia, in futuro massimo storico del Fascismo e biografo di Mussolini. La divisione non è solo tra gli studenti, ma anche nell’ambiente accademico: come spiega bene Antonio Carioti, nel suo «I ragazzi della Fiamma», non tutti i professori della Sapienza solidarizzano con Calosso e il rettore Giuseppe Cardinali è quindi tra due fuochi. Il comunicato del Senato accademico, del 23 gennaio, ne è la prova: «geloso interprete delle più nobili tradizioni dei nostri Maestri, lungi dallo stigmatizzare l’ostilità della gioventù verso l’uomo di Radio Londra, s’inchina riverente alla memoria degli universitari caduti combattendo per la Patria» chiedendo agli studenti di «non turbare la libertà d’insegnamento». Una posizione che dimostra l’efficacia della protesta contro l’Articolo 16, con la vicinanza di non pochi docenti: per un movimento parallelo al Movimento Sociale è una chiara dimostrazione di forza, soprattutto a pochi anni dalla caduta del Fascismo e dalla fine della guerra, nel bel mezzo di un lungo dibattito parlamentare che porterà alla Legge Scelba.
Al Rettore, per protestare contro le lezioni del promosso professore, scrivono anche il segretario generale dell’Unione Reduci Russia ed i familiari dei caduti nella Guerra di Spagna, mentre un gruppo di goliardi catanesi scrive, in maniera ironica, direttamente a Calosso: «Visto successo riportato lezioni Università Roma goliardi siciliani vi sfidano pubblicamente tournèe tutte università onde potervi adeguatamente applaudire». Il secondo round per Calosso è per il 30 gennaio con un comitato di benvenuto che lo va direttamente a prendere fuori da casa, in Piazza Ungheria, lanciandogli barattoli di vernice rossa. Questa la breve cronaca tratta dalla relazione del Questore di Roma: «non appena sedutosi dentro la macchina, un giovane dall’apparente età di anni 20 , altezza media, vestito di scuro, senza cappotto, si avvicinava alla macchina ed aperto lo sportello posteriore destro domandava al signore che era appena salito: “Scusi, è lei l’on. Calosso?”, e avutane conferma, gli lanciava addosso un barattolo di vernice rossa, chiudendo poscia lo sportello e fuggendo in direzione di Via Panama».
Cambiato di abito, il deputato socialdemocratico arriva alla Sapienza tra applausi e offese, con i missini che gli gridano «Ringrazia l’Articolo16» e «Tornatene a Londra,
traditore» e gli lanciano uova e verdura decomposta. Ma è dopo la lezione, che questa volta riesce a tenere per il grande spiegamento di forze dell’ordine, che si scatenano incidenti tra le due fazioni, con centinaia di studenti (e non) del FUAN che, tentando di colpire Calosso e lanciando anche fialette all’idrogeno solforato, si scontrano con gli studenti antifascisti. Le agitazioni contro Calosso, che sarà in seguito contestato anche a Pesaro e Genova, stanno assumendo una proporzione enorme e rilevante. Nel frattempo, alla Camera, dove è subito arrivata la notizia della nuova aggressione, viene espressa la solidarietà all’onorevole Calosso da parte, tra gli altri, anche del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Ormai le lezioni di Calosso sono un fatto politico, vi partecipano agenti in borghese e parlamentari (come Ferruccio Parri), mentre subito fuori gli scontri si inaspriscono volta dopo volta, con le jeep della polizia a cercare di dividere le fazioni. «La Stampa» parla di «quadrato mobile ben manovrato», descrivendo le azioni dei militanti del FUAN in un articolo che racconta i fatti del 6 febbraio, e spiegando anche che quella mattina il deputato-professore è arrivato in facoltà strategicamente un’ora prima della lezione. «Gli squadristi dell’era nuova hanno il berretto goliardico», sentenzia sempre «La Stampa», quotidiano che qualche settimana dopo narra di fatti simili accaduti stavolta a Torino, dove insieme alla lezione si sposta anche la protesta verso Calosso.
È il 19 marzo, l’Aula Magna della facoltà di Economia e Commercio è gremitissima di studenti e curiosi, tutti in attesa dell’inizio della lezione su «L’unità antifascista di ieri e di oggi», che il deputato terrà senza il microfono, danneggiato dai militanti del FUAN durante la prima parte della contestazione e i tafferugli conseguenti.
Calosso scrive anche una lettera a Luigi Longo, direttore del settimanale comunista «Vie Nuove», pub blicata nel numero del 24 febbraio, in cui rivendica il suo ruolo durante il Fascismo: «(…) I fischi diretti a me, come una voce della Resistenza, e tendenzialmente alle centinaia di uomini che parlarono da radio straniere, cercano di liquidare la Resistenza, alla quale quegli uomini avevano partecipato anche all’interno e nella Guerra di Spagna». Intanto i mercoledì mattina alla Sapienza si fanno via via più calmi, almeno durante le lezioni, garantite dall’imponente filtro della polizia che non fa entrare potenziali disturbatori e ovviamente i non iscritti all’ateneo romano. Enzo Erra, tra i leader giovanili del MSI, in più di un’occasione parla di «battaglia morale» e spiega come non si è voluto attaccare un comizio o una conferenza di Calosso, ma esclusivamente le lezioni universitarie, come specifica funzione: «gli studenti ritengono che il Calosso non abbia nulla da insegnare loro, o meglio ritengono che ciò che Calosso potrebbe insegnare non valga la pena di essere imparato».
Il Gruppo Universitario romano organizza anche una messa, celebrata dal sacerdote Antonio Russo, ex tenente cappellano militare, domenica ¬ febbraio, nella cappella della Città Universitaria, in suffragio dei goliardi caduti in guerra. Dopo la funzione religiosa, una settantina di studenti si reca in corteo verso il Verano con l’intenzione di portare una corona per i caduti del battaglione della RSI Barbarigo; non essendo una manifestazione autorizzata, la polizia è costretta a intervenire con alcune cariche. Il 13 febbraio sono quindici i missini fermati, e tra questi i quotidiani segnalano anche la figura dell’ex Pontefice Massimo, ruolo di primissimo piano nella goliardia romana. Ma se la lezione del 13 è una delle ultime che registra incidenti e contestazioni, è quella mattina che l’irriverenza targata FUAN arriva all’apice: fin dal mattina la polizia presidia in forze l’Università, la lezione e ha inizio tranquillamente fino a quando, da una scatola di cartone, portata in aula da una insospettabile studentessa, esce all’improvviso uno sciame di api che pungono numerosi studenti, lei compresa, causando caos e fuggi fuggi. La lezione è interrotta, lo smacco è terribile. La studentessa viene fermata e identificata, indicando in Walter Gentili la persona che le aveva consegnato la scatola da aprire all’inizio della lezione come «scherzo goliardico»; Gentili dichiara di aver agito da solo (le api furono reperite da un militante missino che aveva una rivendita di miele vicino a Porta Pia) e quindi si prende ogni responsabilità. In un primo momento, all’inizio del procedimento penale nei suoi confronti, il Rettore gli comunica la sospensione di ogni attività didattica, provvedimento che rientra tre mesi dopo. Gentili si fa alcuni mesi di carcere, dove non gli viene concesso di ricevere libri e quotidiani. La «Calossiana», come la chiama l’«Asso di Bastoni» (o la «Calosseide», termine inventato dal settimanale milanese «La Tournée»), volge al termine e si esaurisce dopo un accordo tra le due fazioni studentesche che vengono ricevute, in tempi diversi nella giornata del 19 febbraio, dal Rettore, davanti al quale si impegnano a evitare altri incidenti.
A rappresentare il FUAN Caravella ci sono Luciano Bassi e Giorgio Legnani. L’assedio a Calosso, durato poco più di un mese, oltre alla conta di arrestati, fermati e feriti, porta un bilancio politico che registra l’apice della scalata degli studenti nazionali nella conquista della scena attivistica allo Studium Urbis. Una supremazia che durerà per almeno quindici anni. Contemporaneamente va rilevato l’ingresso della polizia dentro la città universitaria, evento rarissimo fino ad allora. Non sarà l’ultima volta che avverrà, con o senza la richiesta del Rettore. Cesare Pozzo [deputato del MSI, mutilato nel 1953 durante una manifestazione anti-jugoslava NdR], sulle colonne di «Lotta Politica», in seguito all’incontro tra il presidente della Repubblica Luigi Einaudi e Umberto Calosso, fa questa proposta proprio all’allora Presidente della Repubblica: «Si tratta di un nuovo scherzo da fare, di comune accordo, al Calosso. Perché infatti, ultimato il corso di lezioni tenute all’Università di Roma, corso che avrà sicuramente giovato alla preparazione degli agenti di PS e dei funzionari di polizia (specialmente di taluni, di nostra conoscenza, che ne avevano tanto bisogno!) in vista dei futuri compiti che Scelba conferirà alla polizia italiana, il Professor Calosso non lo mandiamo a tenere le lezioni di letteratura in altre città? Per esempio potrebbe fare una tournèe passando per l’Università di Pisa, per quella di Bologna, per quella di Padova (particolarmente atteso qui, con viva impazienza) oppure per quella di Napoli?».
Giulio Caradonna ricorda così, nel suo «Diario di Battaglie», i giorni della guerra a Calosso, di cui fu uno dei protagonisti: «L’episodio di Calosso assume un significato veramente simbolico del distacco che si era creato fra il movimento giovanile nazionale e la classe dei docenti anglofili che, in nome di una falsa libertà, avevano tradito in vario modo la guerra italiana contro il potere della razza anglosassone. L’anglofilia della intellettualità liberale italia na aveva lontane e complesse radici: l’Inghilterra della Magna Charta e delle istituzioni parlamentari era considerata come il Paese modello, contrapposto all’Europa periodicamente sconvolta da ventate totalitarie. Sfuggiva a questi intellettuali – e basti pensare al Croce e all’Omodeo – la sostanza della potenza inglese, del suo dominio mondiale, delle vere ragioni che spingevano le classi dominanti britanniche a intervenire sul continente in nome di fantomatiche libertà (…) Calosso, dunque, durante la nostra guerra fu esule a Londra e si prestò come utile strumento ai nemici della sua Patria per svolgere alla radio nemica costante opera di persuasione nei confronti di quegli italiani che pretendeva oppressi dalla dittatura fascista: incitò a non combattere, a collaborare con gli angloamericani, a tradire».
Il ¬ maggio il processo alla studentessa che aveva fatto da «corriere» del pacco con le api, e a Walter Gentili, assolve gli imputati perché il fatto non sussiste. L’avvocato dell’imputata chiese l’assoluzione perché il fatto si riduceva «a uno scherzo goliardico», mentre il legale Mario Martignetti sostenne che il suo assistito doveva essere assolto perché «il fatto non era ispirato da un sottolineato biasimevole motivo, ma anzi i più alti motivi di valore morale e sociale avevano guidato il Gentili nel gesto commesso, che intendeva essere una protesta contro la presenza dell’art.16 Calosso all’università».