Come un pensiero si fissa nel cervello, si stabilizza e si modifica ogni volta che lo rievochiamo? Che qualcosa può andare storto, sfalsare, cancellare? Con la complicità dei sensi, dei traumi e degli anni che passano
Che si tratti di un nome o di un numero, di una data o di un’esperienza vissuta, di un volto o di un luogo, la nostra mente apre di continuo i cassetti della memoria per frugarvi dentro. La memoria è una funzione cognitiva molto complessa. È la nostra capacità di ricordare e ci restituisce un senso di unità e di coscienza tale da poter dire “io ricordo”. La memoria, è un po’ la nostra identità, perché senza i ricordi ci sentiamo disorientati nel tempo e nello spazio, non sappiamo più chi siamo, cosa stiamo facendo, dove stiamo andando. Quando invece riusciamo a ricordare gli eventi salienti della nostra vita, riviviamo il nostro “essere stati” e così facendo integriamo il passato con il presente. Senza ricordi non c’è presente».
Come ricordiamo
I neuroscienziati studiano i meccanismi che portano alla formazione dei ricordi e alla loro localizzazione nel cervello. Il circuito preposto all’apprendimento e alla memorizzazione va dall’ippocampo (due strutture ricurve a forma di cavalluccio marino, da cui il nome, disposte simmetricamente nei due emisferi cerebrali) alla corteccia, dove sono situati gli “spazi” di memoria.
Cosa succede nel cervello quando, per esempio, impariamo un nuovo nome? L’informazione viene acquisita ed elaborata dal cervello sotto forma di memoria sensoriale, per esempio uditiva. All’interno dei neuroni, che sono le cellule nervose, alcune proteine si modificano e trasformano la memoria sensoriale in memoria a breve termine che dura da alcuni secondi a pochi minuti. Dopodiché, l’informazione è trasferita alla memoria a lungo termine, mediante un processo chiamato di consolidamento, in cui nelle cellule nervose avviene la sintesi di nuove proteine che portano alla crescita di nuove sinapsi, cioè di nuovi punti di contatto tra i neuroni. Memorizzare significa rafforzare e consolidare queste connessioni sinaptiche.
I nostri ricordi sono distribuiti in reti formate da centinaia di migliaia di neuroni e molto specifiche: Per esempio, il ricordo della mia casa al mare è codificato in una rete di neuroni diversa da quella in cui è codificato il ricordo della casa in montagna. Durante le fasi di consolidamento di un ricordo, la sua traccia nella rete permane, ma non è attiva.
Nel momento in cui richiamiamo alla mente un’informazione o un evento, e quindi lo ricordiamo, la rete neuronale in cui è codificato ritorna attiva, viene ritrasferita dalla corteccia all’ippocampo e può essere modificata. Significa che quando rievoco un ricordo e lo descrivo, posso inserire anche nuove informazioni che apprendo. La nuova traccia attivata dovrà quindi subire un nuovo consolidamento e sarà poi ritrasferita alla corteccia. Pertanto, il consolidamento di un ricordo si rinnova ogni volta che lo rievochiamo», conclude la neurobiologa.
Falsi ricordi
La nostra memoria non è solo un “magazzino” del passato, ma guarda al futuro e può essere molto creativa, spiegano Hannah Monyer, neurobiologa tedesca direttrice del Dipartimento di neurologia clinica all’ospedale universitario di Heidelberg, e Martin Gessmann, filosofo, nel libro La memoria geniale – Come ricordiamo, perché dimentichiamo. Ma la genialità della nostra memoria può incappare in errori di procedura, per esempio durante il “salvataggio” delle informazioni (magari perché non le abbiamo capite bene), durante la loro conservazione (possiamo elaborare solo da cinque a nove concetti contemporaneamente) o anche al momento della rievocazione (se siamo sotto stress che produce ormoni capaci di smorzare le sinapsi). Da questi errori nascono i falsi ricordi, perché cerchiamo di colmare le lacune della nostra memoria, soprattutto se gli eventi risalgono a tempi più remoti e se abbiamo condizionamenti esterni che ci persuadono (un’autorità, prove apparenti come le fotografie, il parere di amici ecc).
Odori e viaggi nel tempo
Ne consegue che la memoria è condizionata dall’emotività ed esiste anche una “memoria dei sentimenti”, come quella legata all’olfatto. Un profumo particolare può richiamarci alla mente un ricordo d’infanzia: un dolce preparato dalla nonna e il luogo in cui lo consumavamo, l’erba del prato su cui giocavamo con gli amici e così via. Questa forma di ricordo, spiega Hannah Monyer, si rifà a strutture molto antiche che il nostro cervello ha costruito quando eravamo ancora imparentati con rettili e mammiferi ben diversi da quello che siamo poi diventati, cioè in un tempo in cui l’olfatto per noi era indispensabile alla sopravvivenza.
«Torniamo indietro con l’immaginazione alla nostra infanzia, ma al contempo torniamo anche all’infanzia dell’umanità», afferma il filosofo Martin Gessmann. Uno studio condotto dal Dipartimento di Neurobiologia del Weizmann Institute of Science in Israele ha stabilito che durante la formazione di contenuti mnemonici stimolati dagli odori, si attivano in rapida successione due regioni del cervello: l’amigdala destra in cui l’odore si imprime ed è valutato emotivamente (le amigdale sono regioni cerebrali dove si formano le emozioni e hanno la forma di mandorla, che è il significato della parola amýgdala in greco) e poi l’ippocampo sinistro che registra le circostanze in cui l’odore è comparso.
Ma il collegamento tra odore ed esperienza autobiografica funziona bene solo la prima volta: più aumenta la frequenza delle ripetizioni in altri contesti, più l’associazione si sbriciola. Forse, dicono gli psicologi, perché solo la prima volta l’impressione olfattiva ci investe e ci stupisce, creando le premesse per una codificazione forte nella mente.
Il potere delle emozioni
Peccato, però, che non si sbriciolino altrettanto facilmente i ricordi negativi, per esempio quelli legati a esperienze paurose. Il neuroscienziato e psicologo Joseph LeDoux sostiene che nel campo dei ricordi, l’amigdala “decide spesso da sola” e fatica a “lasciarsi dire cosa fare”. Questo spiegherebbe come mai sia tanto difficile, o per lo meno faticoso, lottare contro sentimenti quali la paura e la gelosia. Più in generale, i ricordi legati ai sentimenti e alle emozioni sono quelli che ci restano in mente più a lungo e più chiaramente.
Il tempo che passa
Più trascorre il tempo della nostra vita e più ci rendiamo conto che siamo fatti di ricordi. Con la terza età, però, la memoria comincia a vacillare. Tuttavia, invecchiando non dobbiamo aspettarci solo perdite di memoria, bensì una sua “ristrutturazione”. Se da un lato, infatti, dopo i 60 anni peggioriamo in alcuni compiti (capacità di concentrazione, velocità delle operazioni mentali, multitasking cioè pensare a più cose contemporaneamente), compensiamo con l’esperienza e la conoscenza, che ci fanno anche risparmiare tempo in molte decisioni e ci consentono di essere ugualmente efficienti.
Stile di vita e alimentazione sono poi fondamentali per mantenere a lungo una buona memoria: A parte l’Alzheimer verso cui esiste una suscettibilità genetica, altre comuni malattie degenerative dell’anziano hanno come base anche una sofferenza vascolare. Pertanto un’alimentazione corretta basata sulla dieta mediterranea che privilegia verdura, frutta, cereali integrali, legumi e pesce, con pochi grassi saturi di origine animale (soprattutto carni rosse lavorate) e pochi zuccheri, niente superalcolici e il meno possibile di alcol, previene gli stati infiammatori e mantiene in buono stato la circolazione sanguigna proteggendo così il cuore e il cervello.
Importante anche non eccedere nelle quantità di cibo e consumare pasti leggeri soprattutto alla sera, così da migliorare la qualità del sonno che è un nostro grande alleato anche nel consolidamento della memoria. Infine, attività fisica regolare e vita sociale contribuiscono a mantenere giovane il cervello.
Che ci gaccio qui? Esperimenti
Può capitare di andare in una stanza per prendere un oggetto ma poi, una volta arrivati lì, di non ricordare cosa stessimo cercando. Per risvegliare il ricordo, gli scienziati suggeriscono di tornare indietro nella stanza o nel punto di partenza della nostra azione. Lo conferma anche un esperimento di Alan Baddeley, professore di Psicologia all’Università di York (UK). Lo scienziato ha chiesto a un gruppo di subacquei di imparare un elenco di parole: alcune fuori dall’acqua, altre in immersione. La maggioranza di loro, poi, quando andava sott’acqua ricordava meglio le parole che aveva appreso in immersione: era più facile ricordare le parole nel mezzo fisico in cui erano state apprese la prima volta.
Abbiamo 5 tipi di memoria episodica
Richiama alla mente eventi o esperienze del passato, di solito legati alle emozioni o ai sensi.
SEMANTICA: Per memorizzare informazioni o notizie, come il nome di una capitale.
OPERATIVA (di lavoro): È l’accumulo temporaneo di informazioni. Tratteniamo da cinque a nove voci per volta. È detta anche memoria a breve termine.
PROCEDURALE (fisica): Serve per andare in bicicletta, guidare l’automobile, nuotare, suonare uno strumento musicale, cioè per tutte le azioni che, una volta apprese, compiamo in modo automatico. Viene rafforzata nel sonno durante la fase dei sogni (REM).
IMPLICITA: È il recupero di ricordi inconsci che in”uiscono sul comportamento, come evitare qualcuno che ci ricordi qualcosa di spiacevole.