La leggendaria sovrana egizia che sedusse Cesare e altri uomini potenti del suo tempo finì travolta dal loro declino. Fu davvero un serpente ad avvelenarla a morte o fu vittima di un omicidio politico? Dopo venti secoli la storia della signora del Nilo continua a emozionare il mondo
Ultima regina della dinastia tolemaica e ultima della millenaria serie dei faraoni d’Egitto, a distanza di venti secoli Cleopatra è più seducente che mai. Studiosi e gente comune, attratti dal suo fascino leggendario, dal mistero che ancora ammanta la sua breve esistenza, dalla strategicità del suo ruolo storico e politico non smettono di indagare la sua vita e di cercare risposte a interrogativi ancora aperti. Ma chi fu davvero l’erede di Alessandro il Grande e di Tolomeo I, figlio di Lago, il più intelligente fra i compagni di Alessandro? Era diventata regina dopo che le sue sorelle erano state uccise per aver cercato di spodestare il padre dal trono e aveva dovuto sposare, secondo la tradizione dinastica egizia, il fratellino Tolomeo XIII poco più che decenne. In realtà, doveva fare i conti con il reggente Potino, un eunuco che aveva totale potere sul piccolo re. Fu lui a cercare di cacciarla da Alessandria e di escluderla dal regno e ci sarebbe anche riuscito se non fosse arrivato in Egitto, fuggiasco dal campo di battaglia di Farsalo, il comandante romano Pompeo, inseguito dal vincitore Giulio Cesare.
Avvolta in un tappeto
Una notte, un servo condusse la regina in barca fino all’imbarcadero del palazzo reale sotto assedio, poi se la caricò in spalla avvolta in un tappeto che srotolò di fronte al generale romano. Cesare restò molto impressionato alla vista della splendida giovane sovrana. Assieme a lei risalì il Nilo per visitare il regno tolemaico di cui i Romani sapevano assai poco. Cleopatra restò incinta ed è probabile che questo evento e la successiva nascita di Tolomeo Kaisarìon (che significa piccolo Cesare) abbiano fatto sorgere in lei l’idea di innestare il suo ricchissimo ma debole regno nel tronco dell’Impero romano. Cleopatra era una donna di intelligenza non comune: parlava il greco, l’egiziano e una quantità di altre lingue fra cui il latino e l’ebraico. Era molto sensibile alla cultura ed era amica intima di Sosigene, il grande astronomo che probabilmente studiò e creò per Cesare il calendario Giuliano. Il suo vivo ingegno darebbe credito alla voce secondo la quale sarebbe stata figlia di una concubina di suo padre: è difficile pensare che i conti nui matrimoni fra consanguinei stretti, tipici fra i Tolemei, potessero generare una persona non solo priva di evidenti menomazioni, ma così straordinariamente dotata. I romani stessi li consideravano una razza di pervertiti smidollati. Sulla sua leggendaria bellezza, i pareri sono discordi. Per alcuni era bella ma non sconvolgente, per altri irresistibile: non solo per la voce, lo sguardo, le movenze e ciò che oggi sarebbe definito “personalità”, ma soprattutto per la sensualità, la cura del corpo e l’estetica che le facevano vincere ogni confronto con le rigide e impacciate matrone romane. Il legame con Cesare le procurò subito dei vantaggi: regnare incontrastata sull’Egitto in primo luogo, al sicuro da ogni attacco, interno o esterno.
Cicerone la odiava
Cleopatra andò a Roma nel 46 con il piccolo Cesarione nato da poco, non si sa se di sua iniziativa o chiamata da Cesare. Vi restò per quasi due anni. Il suo arrivo e la sua permanenza nei giardini di Cesare destarono stupore: pochi resistettero al suo fascino, ma ci fu chi la prese in odio, come Cicerone, perché era straniera, perché era donna, perché a Roma si comportava da padrona e perché poteva essere pericolosa. Cesare non fece passi falsi: mise una sua statua (nelle fattezze di Iside) nel tempio di Venere, riconobbe Cesarione ma non lo nominò nel suo testamento preferendogli Ottaviano, lontano parente, figlio di un banchiere di Velletri. Non la sposò.
Il cavallo sbagliato
Marco Antonio e Cleopatra s’incontrarono in Cilicia dopo la morte di Cesare nel 44. Antonio regnava in oriente, Ottaviano in occidente. La regina d’Egitto puntò sul cavallo sbagliato. A Roma Antonio era più popolare di Ottaviano. Grande soldato e grande amatore, aveva carattere espansivo. Non si può nemmeno dire che non fosse intelligente: la sua regia del funerale di Cesare è un capolavoro assoluto. Il suo svantaggio era quello di stare lontano, mentre Ottaviano si trovava nel cuore del potere. Alla fine uno scontro all’ultimo sangue fra i due non poté essere evitato. Antonio ebbe la peggio. Nel frattempo, aveva avuto tre figli da Cleopatra, le aveva donato intere province e aveva lasciato scritto nel suo testamento che, quando fosse morto, voleva farsi seppellire ad Alessandria e non a Roma. La lettura pubblica di quel testamento fu un sopruso e lui, prima della battaglia di Azio, stigmatizzò la vergogna di quell’atto. Ma l’effetto era stato ottenuto: Antonio fu percepito come un traditore del suo popolo. Ad Azio (31 a.C.), Cleopatra si comportò da regina, da capo di stato, oltre che da donna innamorata. Mise in campo tutte le sue forze per sostenere Antonio e lo seguì in battaglia. Fu nondimeno un disastro. I due sbarcarono in due punti separati della costa e per qualche tempo i loro rapporti rimasero freddi. Lui tentò un colpo di coda contro l’esercito di Ottaviano, ma si rese conto di essere rimasto solo. I suoi uomini passarono dalla parte del vincitore. Fu allora che cominciò seriamente a pensare di togliersi la vita, come avrebbe fatto qualunque comandante romano. Si dice che Cleopatra si barricò nella sua tomba e di lì negoziò le condizioni della sua resa.
Omicidio di stato?
Antonio morì fra le braccia della sua regina. Si sa che lei chiese udienza a Ottaviano, forse per sedurlo come già aveva fatto con gli uomini precedenti. Lui le rispose che l’avrebbe incontrata a Roma, ovviamente in catene. Capito che era davvero finita, gli scrisse un ultimo messaggio per chiedere di essere sepolta accanto a Marco Antonio. Quello che accadde dopo (la scena di lei sdraiata sul letto, il serpente che scivola via, una delle sue ancelle agonizzante) ha ispirato moltissimi artisti, ma sono sempre più numerosi coloro che pensano che si tratti di una scenografia costruita ad arte da Ottaviano e dai suoi storici per coprire un’altra realtà, meno emozionante, ma più realistica. Resta tuttavia vero il senso delle parole che in quella camera si sarebbero scambiati l’ufficiale romano, inviato da Ottaviano a impedire il suicidio, e l’ancella agonizzante di Cleopatra: «Ti sembra questa una degna fine?». «Più che degna. Degna dell’ultima regina di una grande stirpe». Sono passati venti secoli da allora, ma l’ombra della signora del Nilo continua a emozionare il mondo: la storia si chiede se sia stata veramente uccisa da un cobra, come quello che stava sulla sua corona, simbolo dell’immortalità o se ben più banalmente sia stata vittima di un classico omicidio di stato. E ancora non riesce a darsi una risposta.