Fastidiosi e inopportuni: i foruncoli ci tormentano da ragazzi e da adulti. Ma potremo eliminarli con un vaccino
Sono l’equivalente biologico della nuvola di Fantozzi: esplodono proprio quando ci sentiamo già un po’ goffi e bruttini, da adolescenti, e poi spuntano con perfidia prima di feste e incontri galanti, da adulti. I brufoli, o foruncoli, sono tra le manifestazioni più inopportune della nostra pelle, diciamolo. Ma che cosa sono esattamente? Come si formano? E quali sono le ultime “armi antiforuncolo” messe a punto dalla ricerca scientifica? Ecco tutto quello che forse non avreste voluto sapere su questi piccoli flagelli…
PUNTI DEGENERATI
Detto con le parole di un dermatologo, un foruncolo è un’infiammazione dell’unità pilo-sebacea: il follicolo da cui nascono i peli (che chiamiamo comunemente poro), corredato dalle ghiandole che producono sebo, ovvero quel grasso che si riversa sulla pelle e la protegge. Il brufolo può comparire da solo – uno ogni tanto, che passa dopo qualche giorno – o in compagnia di altri foruncoli che spuntano di continuo, in una infiammazione cronica: si parla allora di acne, come quella che ci affligge da ragazzi.
Ma come si arriva a tutto ciò? Il primo passo verso l’antipatica formazione cutanea è una superproduzione di sebo, che finisce per formare un “tappo” di grasso nel follicolo: il poro ostruito è chiamato comedone e assume la forma di un punto bianco o di un famigerato punto nero. A monte di tutto c’è però un importante fattore: la iperproduzione di sebo è infatti legata agli stimoli ormonali. In gioco ci sono soprattutto gli androgeni, gli ormoni maschili (come il diidrotestosterone), che sono presenti in entrambi i sessi. Ma, per esempio, sono predominanti nei maschi durante l’adolescenza e proprio per questo i ragazzi sono particolarmente soggetti all’acne.
Una volta che si è creato il comedone, però, il gioco si fa duro. Il follicolo pieno di grasso diventa terreno fertile per la colonizzazione dei batteri, in particolare Propionibacterium acnes. E a questo punto l’organismo reagisce con le sue armi di difesa contro i germi. I vasi sanguigni locali si dilatano per far arrivare le cellule del sistema immunitario che devono aggredire gli intrusi: è in questa fase che il brufolo si colora di rosso e per i dermatologi diventa una papula. Con l’infuriare della battaglia, si forma poi il pus, un liquido bianco-giallastro con cellule e resti dei microrganismi sconfitti: i dermatologi parlano allora di pustole, le temibili (dal punto di vista estetico) “capocchie” giallognole…
ANTICORPI MIRATI
Insomma, i fattori in gioco sono molti. Ma, visto il ruolo scatenante dei microbi nell’infiammazione, le ultime ricerche si sono concentate proprio sui batteri. La promessa, per esempio, è di riuscire a mettere a punto un vaccino per l’acne mirato proprio al Propionibacterium acnes. Un passo avanti è stato fatto dal team di Chun-Ming Huang dell’Università della California a San Diego che ha messo a punto anticorpi mirati a neutralizzare una tossina prodotta dal batterio che fa partire la risposta infiammatoria del corpo. Nei test, condotti per ora su topi e cellule umane, si è visto che hanno ridotto l’infiammazione. Certo, ci vorranno altri studi, ma questo potrebbe, per esempio, sostituire gli antibiotici, una delle cure oggi prescritte per l’acne.
Molto altro però resta da sapere sul ruolo esatto dei batteri. Perciò alcuni studi cercano di capire in quali condizioni il Propionibacterium acnes e altri batteri, di norma presenti sulla pelle e innocui, arrivano invece a scatenare una reazione che trasforma la nostra faccia in una pizza. Per esempio, Huiying Li dell’Università della California a Los Angeles ha evidenziato, in chi ha l’acne, prima la presenza di precisi ceppi di P. acnes, e in seguito anche una diversa composizione della comunità dei batteri, cioè nell’abbondanza relativa delle varie specie e ceppi. Queste ricerche potrebbero sfociare in cure per attaccare i microbi “cattivi”, o riequilibrarne la popolazione.
A CHI SÌ, A CHI NO
Tuttavia, non prendetevela solo con il Propionibacterium acnes per quel brufolo spuntato a tradimento, o per l’acne. Perché, come accennavamo prima, tanti fattori possono agire, in una delle fasi di cui abbiamo parlato. Anche da adulti, tornano in gioco gli ormoni e il loro effetto sul sebo, come può succedere nelle donne nei giorni che precedono le mestruazioni, durante la gravidanza, dopo la menopausa o in caso di ovaio policistico. A chiudere i pori possono dare una mano alcuni prodotti cosmetici. Per questo chi sa di avere una predisposizione all’acne dovrebbe sempre preferire quelli con la dicitura “non comedogenico”. Per quanto riguarda i foruncoli isolati, con l’infezione di singole ghiandole, attenzione anche all’abitudine di stuzzicarsi la pelle, magari con mani e unghie non proprio pulite. Infine, la predisposizione all’acne dipende anche dai geni, probabilmente da molti di essi.
E lo stile di vita? Prima la buona notizia: il cioccolato e il salame non c’entrano nulla. Ma anche se la relazione tra dieta e acne è ancora poco chiara, dagli studi sta emergendo una certa correlazione con le diete ricche di zuccheri. O, meglio, diete ricche di alimenti ad alto indice glicemico, cioè la capacità di alzare rapidamente la glicemia, il livello di glucosio nel sangue (come pane bianco, prodotti da forno, bibite zuccherate). Questi alimenti fanno aumentare i livelli di insulina, che a sua volta stimola gli androgeni e quindi la produzione di sebo e la cascata di eventi seguente. Al contrario, altri studi hanno mostrato che cibi con basso indice glicemico (per esempio, integrali e ricchi di fibre) sarebbero efficaci nel controllare l’acne.
VIA LA PELLICCIA
Infine, se volessimo risalire a una causa primigenia dei brufoli, dovremmo tornare al momento in cui abbiamo perso la pelliccia. Questo almeno è quanto sostengono Stephen Kellett e Paul Gilbert. Secondo i due studiosi britannici, le nostre ghiandole sebacee erano abituate a produrre il grasso necessario a proteggere i nostri folti peli. Eliminati (o, meglio, molto ridotti) questi, l’eccesso di sebo sfocia nei foruncoli. Comunque, in molti casi l’acne può essere trattata con successo. Da una parte ci sono le terapie dirette contro i batteri, a base di antibiotici e di disinfettanti come il benzoilperossido, componente fondamentale dei detergenti anti-acne. Dall’altra ci sono i retinoidi (sostanze simili alla vitamina A) che agiscono sulla produzione di sebo e prevengono la formazione di “tappi” nel follicolo.
LE NUOVE ARMI
E di recente si è aggiunta la terapia biofotonica, a base di luci monocromatiche attive contro varie componenti dell’infiammazione. Le cure puntano anche a non lasciare cicatrici. Che peraltro oggi possono essere rimosse con trattamenti laser di ultima generazione. Tuttavia, le terapie di oggi hanno qualche limite: devono essere seguite per tempi piuttosto lunghi, gli antibiotici possono portare a fenomeni di resistenza, i retinoidi possono seccare la pelle… Da qui l’interesse per lo sviluppo di nuove cure, oltre al vaccino di cui abbiamo parlato.
Cosi, il team di Jeffry Stock dell’Università di Princeton (Usa) ha messo a punto un nuovo composto antinfiammatorio (nome in codice: SIG1459) che blocca la risposta scatenata dal Propionibacterium acnes. Una crema a base di SIG1459 è stata testata su persone con acne, che l’hanno vista ridursi del 77% (contro il 56% del gruppo che usava il benzoilperossido). Il vantaggio è che il composto non avrebbe gli effetti collaterali delle altre cure.