Vi sembra che la vostra memoria sia peggiorata dall’ultimo lockdown? Non preoccupatevi. Non siete gli unici…
Da “scarsa” a “ferrea”, come valutate la vostra memoria prima che iniziasse il distanziamento sociale? E come la giudicate oggi? Queste sono due tra le domande che Natan Feter e i suoi colleghi dell’Universidade Federal de Pelotas in Brasile, hanno posto nel loro recente studio per esaminare la relazione tra memoria e misure di distanziamento sociale. È una domanda che ultimamente è venuta a molti: che effetto ha avuto il lockdown sulla nostra memoria?
Il team di Feter ha scoperto che circa un terzo degli adulti nel Brasile meridionale ha denunciato un peggioramento della memoria dall’inizio delle restrizioni. Dato che il Brasile non ha mai avuto un lockdown su scala nazionale e ha adottato un approccio verso la pandemia diverso dalla maggior parte degli altri Paesi, questi risultati possono essere applicati anche all’Europa? Per affrontare la questione, la professoressa Catherine Loveday, neuropsicologa dell’Università di Westminster, ha organizzato uno studio, chiedendo ai soggetti di classificare la loro memoria legata ai compiti di ogni giorno.
In un’intervista a BBC Future, la Loveday ha spiegato che i risultati preliminari mostrano che l’80% dei partecipanti hanno dichiarato che la loro memoria si è deteriorata nel corso della pandemia. Ma avete fatto anche meno esercizio fisico nel corso del lockdown? Sembra che anche questo aspetto possa essere legato ai problemi di memoria.
Nello studio brasiliano, coloro che nel periodo del distanziamento sociale avevano mantenuto o addirittura iniziato una vita attiva, avevano registrato peggioramenti nella memoria più limitati, e questo prendendo in considerazione anche altre varianti, come l’età anagrafica. Ma quanto è necessario essere attivi fisicamente, per vederne i vantaggi? Difficile stabilire un dato preciso, ma, sicuramente, ogni minuto speso in attività fisica durante il distanziamento sociale contribuisce a rallentare il declino della memoria.
Nello studio della Loveday sono comprese anche attività fisiche cui di solito non pensiamo – come il semplice spostarsi tra le stanze o da una casa all’altra. Muoversi in posti diversi, infatti, aiuta il cervello con un cambio di scenario, in quanto nuovi impulsi provenienti da ambienti diversi, aiutano a conservare i ricordi netti e precisi.
Questi studi si accordano con le linee guida dell’ONU sul COVID, che affermano come la ridotta attività fisica sia un fattore di rischio per declino cognitivo e demenza, soprattutto nei soggetti molto anziani. Per cui, ogni movimento che ci porta in un nuovo ambiente può aiutarci a scacciare la sensazione che i ricordi ci scivolino via dalla mente nel corso del lockdown.
È importante però sottolineare che entrambi questi studi hanno misurato la percezione soggettiva del declino della memoria. Ossia, le persone hanno detto che avevano la sensazione che la loro capacità di ricordare fosse peggiorata. Ma avere la “sensazione” che la vostra memoria sia peggiorata non significa sia peggiorata davvero. La domanda quindi è: la sensazione soggettiva rispecchia la realtà? E possiamo renderci conto se o quando il distanziamento sociale ci farà precipitare in una nebbia priva di memoria?
Agli inizi del 2021, il Dottor Weiwei Zhang, dell’Università di Otago, insieme ad altri colleghi, ha pubblicato uno studio nel quale ha chiesto a 374 soggetti negli Usa quanti giorni di fila avessero sperimentato il distanziamento sociale prima di partecipare a una prova di memoria su scala mondiale. Hanno così scoperto una relazione a “U” tra distanziamento sociale ed errori di memoria. In pratica, gli errori di memoria all’inizio sono diminuiti leggermente a mano a mano che il distanziamento andava avanti. Quindi, per la prima metà del lockdown, la memoria verbale dei soggetti era addirittura migliore di quella pre-lockdown. È stato solo dopo una media di 30 giorni di fila di distanziamento che gli errori di memoria sono cominciati a crescere regolarmente. Il team ha anche trovato una correlazione quasi perfetta tra umore e memoria. Se l’umore cala, lo fa anche la memoria.
La solitudine è stata un elemento potente nel rovinare la memoria verbale dei soggetti. E, siccome più passa il tempo, più i problemi aumentano, anche il rischio di demenza cresce. Questo è un altro motivo per cui, in questo periodo di distanziamento sociale, sforzarsi di restare legati gli uni agli altri può aiutare a tenere cervello e ricordi in buono stato. E infine, quanto siamo in grado di ricordare eventi avvenuti nel corso della pandemia, al di là della mera elencazione dei fatti?
Norman Brown, psicologo cognitivista dell’Università di Alberta, ha proposto una “teoria della transizione” per aiutarci a capire i possibili effetti della pandemia sulla memoria autobiografica. La teoria afferma che c’è un “picco COVID” e un “calo lockdown”. Il picco COVID è l’aumento dei ricordi degli eventi all’inizio della pandemia. Il calo lockdown è una diminuzione dei ricordi degli eventi nel corso del lockdown vero e proprio. Questo significa che probabilmente siamo molto bravi a ricordare eventi che si sono evoluti rapidamente e con un forte impatto emotivo nelle prime settimane della pandemia, mentre abbiamo difficoltà a ricordare che cosa è successo nel corso del lockdown, perché le giornate sembravano tutte uguali. Allora, il verdetto?
Il lockdown ha avuto un impatto negativo sui nostri ricordi? Probabilmente sì. L’effetto potrebbe essere legato al vostro cattivo umore o al fatto che avete dovuto tralasciare eventuali allenamenti quotidiani. Prendete in considerazione l’idea di modificare la stanza in cui lavorate, o anche solo parte, per provare a dissipare la nebbia mentale. Ma, per rassicurarvi, va “ricordato” che questo effetto del lockdown è solo temporaneo e non permanente.