Sopra la nostra testa siamo pieni di spazzatura spaziale. Ogni settimana si schianta sulla Terra un pezzo di satellite pesante una tonnellata e molti altri grandi come un uovo di struzzo. Dobbiamo temerli?
Una sera del gennaio 1997, mentre passeggia con alcuni amici nel parco di Tulsa, una cittadina dell’Oklahoma, la signora Lottie Williams vede uno strano bagliore nel cielo. Sembra una stella cadente, ma è molto più grande e luminosa. Dopo pochi minuti, la donna avverte un leggero colpo sulla spalla. «Mi aveva colpito un oggetto», racconterà in seguito, «del peso di una lattina vuota: quando l’ho raccolto ho visto che era di colore scuro e aveva un aspetto metallico. Sul momento ho pensato che fosse un pezzo della stella cadente». Solo dopo aver consultato il circolo locale di astrofili, Lottie scopre che la verità è un’altra. A colpirla non è stato un meteorite, ma un frammento del razzo della Nasa Delta II che proprio quella notte è precipitato sulla Terra disintegrandosi nell’atmosfera e cospargendo di detriti incandescenti almeno cinque Stati, dal Kansas al Missouri.
Laboratorio cade in Australia
Se Lottie fino a oggi è l’unica persona colpita da un oggetto artificiale piovuto dal cielo, esistono invece diversi casi nei quali si è seriamente temuto per il rientro nell’atmosfera terrestre di razzi o satelliti. Nel 1979 è stata massima l’allerta per la caduta improvvisa del laboratorio spaziale statunitense Skylab pesante circa 77 tonnellate. I controllori della Nasa avevano cercato di farlo !nire nell’oceano, ma senza successo. Nelle prime ore del mattino dell’11 luglio il laboratorio precipitò in Australia, a sud-est di Perth. I suoi frammenti, che non ferirono comunque alcun abitante della zona, sono tuttora conservati in un museo allestito appositamente nella città. Nel 1991 a gestire un problema simile furono i responsabili dell’agenzia spaziale dell’allora Unione Sovietica: il tentativo di far cadere nell’Atlantico la Salyut 7/Kosmos 1686, una stazione spaziale da 36 tonnellate, fallì e i frammenti caddero sulla città argentina di Capitan Bermudez. I suoi abitanti videro il cielo attraversato da la navicella Progress che le era rimasta agganciata. Le parti metalliche che non s’erano consumate mentre rientravano nell’atmosfera precipitarono senza far danni nel Pacifico al largo del Cile, bruciando come spettacolari fuochi d’artificio.
Pericoli dai rifiuti spaziali
Dall’inizio dell’era spaziale sono caduti sulla Terra almeno 20mila pezzi di satelliti: ogni settimana se ne schianta uno pesante una tonnellata e ne cadono a decine grandi parecchi centimetri. Anche se nei prossimi anni queste cifre sono destinate a raddoppiare, le probabilità di esserne colpiti restano infinitesime: meno di una su un miliardo secondo i calcoli della californiana Aerospace corporation. Il problema più grave riguarda il mostruoso numero di oggetti “morti” che continuano a vagare intorno alla Terra. Il pericolo costituito da questa spazzatura spaziale è ben rappresentato dalla cosiddetta sindrome di Kessler. Si tratta di una teoria proposta dal consulente della Nasa Donald Kessler, secondo la quale il volume di ri!uti spaziali che orbitano intorno alla Terra è diventato tanto elevato da farli entrare in collisione fra loro. L’energia cinetica dell’urto tra due oggetti con un diametro da pochi centimetri a qualche decimetro crea nuvole di schegge lanciate in tutte le direzioni. Dato che le velocità relative degli oggetti in orbita possono raggiungere i 16 km al secondo, ogni frammento ha il potenziale per produrre ulteriori impatti, innescando una reazione a catena che porterebbe a un aumento esponenziale dei detriti fino a rendere impossibile per decenni l’impiego di nuovi satelliti e l’esplorazione spaziale. Per far fronte a tale emergenza sono allo studio i progetti più audaci.
Gli effetti della CO2
Secondo i ricercatori del Naval Research Laboratory di Washington la produzione abnorme di anidride carbonica non è solo responsabile del surriscaldamento del Pianeta. Il suo tenore sempre più elevato starebbe causando un raffreddamento degli strati superiori dell’atmosfera: un fenomeno che ridurrebbe la “resistenza” offerta dall’aria a satelliti e detriti spaziali facendoli precipitare più rapidamente.
Tutte le curiosità
Il più vecchio detrito spaziale è il satellite Vanguard I, lanciato dalla Nasa nel 1958 e tuttora in orbita.
La prima e più grande formazione di detriti dovuta a una collisione si è veri!cata il 10 febbraio 2009, quando il satellite russo in disuso Cosmos 2251 e il satellite americano operativo Iridium 33 si sono scontrati a 789 chilometri d’altezza sopra la Siberia settentrionale. L’impatto, avvenuto a una velocità relativa di oltre 42mila chilometri orari, ha distrutto entrambi i satelliti producendo almeno 1.700 detriti.
Fra i rifiuti spaziali più insoliti vanno annoverati il guanto perso da Edward White nel 1965 in una passeggiata spaziale durante la missione Gemini 4, la macchina fotografica sfuggita nel 1966 a Michael Collins durante la missione Gemini 10, una borsa per gli attrezzi da 100mila dollari sganciatasi nel 2008 dalla tuta spaziale dell’astronauta americana Heidemarie Stefanyshyn-Piper durante i lavori di manutenzione sullo scafo della navetta Endeavor, nonché svariati sacchi della spazzatura espulsi dagli abitanti della defunta stazione orbitale russa Mir.