Gli studi più recenti aprono nuove finestre su come funziona il sonno, sul perché lo stiamo perdendo e sul significato dei sogni
È l’attività a cui dedichiamo più tempo lungo l’arco di tutta la nostra vita: al netto degli insonni, che abbassano la media, passiamo un terzo dell’esistenza dormendo. Anni e anni fra le braccia di Morfeo che qualcuno potrebbe ritenere tempo inutile, sottratto alle faccende in teoria ben più interessanti.
Peccato che dormire sia indispensabile per il nostro benessere, al punto che gli scienziati si sono spinti a definire il sonno una vera e propria medicina, oltre che una finestra per capire come funziona il cervello. Purtroppo però, più diventa chiaro quanto il sonno sia necessario, più il tempo passato nel letto si sta accorciando, per le ragioni più varie.
Clima da insonni
Uno studio recente, per esempio, mostra che persino il cambiamento climatico minaccia il nostro sonno. Kelton Minor dell’Università di Copenaghen (Danimarca) ha analizzato i dati di 48.000 persone di 68 Paesi fra il 2015 e il 2017, associandoli alle misurazioni della temperatura locale, scoprendo che quando di notte fa caldo si va a dormire più tardi, ci si sveglia prima e si dorme quindi di meno. Già oggi perdiamo 44 ore di riposo ogni anno per colpa del clima sempre più torrido.
E se non faremo qualcosa per ridurre il riscaldamento globale le previsioni di Minor ipotizzano una perdita di 58 ore di sonno all’anno entro il 2100, con effetti più evidenti su donne e anziani, ai quali basta un aumento della temperatura notturna di appena 1 °C per stare svegli più a lungo.
Stando alle rilevazioni del Radcliffe Observatory di Oxford e del Durham University Observatory, nel Regno Unito, in cinquant’anni il numero delle notti con temperatura sopra la media è raddoppiato, specie nelle città. Considerando che le ondate di calore di questa estate sono state giudicate solo un assaggio del clima rovente dei prossimi anni, dormire a sufficienza in futuro non sarà così facile. A peggiorare le cose poi ci si è messo anche il Covid: un’indagine recente della Cleveland Clinic (Usa) ha dimostrato che i disturbi del sonno sono un’eredità dell’infezione in quasi la metà dei casi. Con il tempo in genere si risolvono.
La giuusta dose
Se il mondo pare congiurare per farci dormire poco, qual è allora la giusta dose di riposo? Per la maggior parte delle persone servono 7-9 ore nell’arco delle 24; la mezza età è il momento in cui siamo in maggior debito di sonno, stando a uno studio del Medical College of Georgia di Augusta (Usa). Ricercatori dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, hanno invece sfatato il mito per cui nella terza età vada bene dormire poco: analizzando i dati di circa 500.000 adulti è emerso che per mantenersi in salute e avere buone performance cognitive la durata ottimale del sonno resta di circa 7 ore per notte anche fra chi ha più di 65 anni. La quantità di sonno necessaria per stare bene invecchiando diminuisce, ma di poco: la quantità adeguata è fra 7 e 8 ore e non si deve scendere mai sotto le 5 ore, altrimenti cresce il pericolo di fragilità emotiva e depressione.
Per assicurarsi un buon sonno gli anziani, ancora più dei giovani, devono esporsi alla luce solare per un numero di ore sufficiente a mantenere un ritmo equilibrato di alternanza giorno/notte: l’errore peggiore ma molto frequente è stare in casa, magari con le finestre socchiuse, durante gran parte del giorno. Peggio ancora se invece la luce del comodino, o magari la TV, restano accese di notte: uno studio statunitense ha dimostrato che, soprattutto negli anziani, il sonno disturbato dalla luminosità nella stanza si associa a un maggior rischio di malattie cardiovascolari, fra cui l’ipertensione, e metaboliche come obesità e diabete.
Una pillola di sonni
Dormire infatti fa bene, letteralmente. Durante l’ultimo congresso dell’American Academy of Sleep Medicine il sonno è stato definito “una buona medicina”, in quanto aiuta a ridurre il pericolo di ipertensione fino al 15 per cento. Inoltre, nelle persone con demenza può essere un vero e proprio farmaco: dopo una notte di sonno continuo e senza risvegli i pazienti hanno molti meno sintomi cognitivi. L’effetto è così evidente che si può prevedere se la giornata sarà più o meno difficile a seconda di com’è andata la notte.
Dormire bene, poi, aiuta a dimagrire: uno studio dello Sleep Center dell’Università di Chicago (Usa) ha verificato che nelle persone sovrappeso che dormono meno di sei ore e mezza per notte basta aumentare di un’ora il riposo notturno per ridurre l’introito calorico giornaliero e perdere qualche chilo di troppo. Durante il riposo notturno viene liberata la leptina, un ormone prodotto dal tessuto adiposo che blocca lo stimolo della fame aiutando a mantenere il giusto peso. Dormire bene e a sufficienza è importante pure per una corretta produzione di insulina e per il metabolismo del glucosio. Inoltre, serve a recuperare le forze: nella fase di sonno profondo, grazie alla riduzione del rilascio di cortisolo, l’ormone dello stress, diminuiscono la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, con un effetto positivo sul rischio cardiovascolare. Si producono poi molecole che modulano infiammazione e risposta immunitaria e l’ormone della crescita, fondamentale nella fase di sviluppo di bambini e adolescenti ma anche negli adulti, perché aiuta nella riparazione cellulare.
Chi dorme piglia pesci
Il sonno è così importante per la salute e il benessere da essere perfino una finestra sulla salute futura. Infatti la qualità del riposo notturno può prevedere il rischio di patologie cardiovascolari, neurologiche e psichiatriche prima che queste diano segno di sé. Non solo, chi da piccolo dorme bene e a sufficienza è anche destinato a una vita di maggior successo, stando a un’analisi dei Centers for Disease Control and Prevention statunitensi, secondo cui il buon sonno si associa a prestazioni migliori a scuola e a una riuscita più brillante sul lavoro. Dormire del resto fa bene al cervello. Il sonno, oltre che indispensabile per eliminare i radicali liberi e tutte le molecole tossiche prodotte e accumulate durante la veglia, diminuisce l’attività delle zone frontali e prefrontali della corteccia cerebrale, molto attive durante la veglia perché implicate nei movimenti, nel linguaggio, nella pianificazione di azioni e strategie appropriate, nell’inibizione di comportamenti e risposte non adeguate al contesto. Far riposare queste zone del cervello è necessario perché funzionino sempre al meglio. Il sonno profondo poi è cruciale per l’apprendimento e la memoria grazie alla produzione di molecole che servono alla cosiddetta plasticità neuronale, il fenomeno per cui le strutture del cervello vengono continuamente plasmate in base agli stimoli che ricevono, consentendo per esempio di stabilizzare la memoria delle esperienze vissute nella veglia.
Una finestra sil cervello
Il sonno, poi, è anche una vera e propria finestra sul funzionamento del cervello. Utilizzando i dati rilevati con elettrodi impiantati in pazienti epilettici, Hannah Hayat, dell’Università di Tel Aviv in Israele, ha potuto osservare che cosa succede se sentiamo un rumore da svegli o durante il sonno, quando riusciamo a ignorare pure suoni non propriamente a basso volume. Il cervello che dorme in realtà reagisce al suono nello stesso modo, l’attivazione è ampia e diffusa. C’è però una differenza sostanziale nell’attività delle onde alfa-beta, che sono connesse all’attenzione e controllate da feed back provenienti dalla corteccia cerebrale: queste regioni decidono su quali stimoli ci si deve focalizzare e quali invece sono da trascurare, perché magari sono familiari e possono restare in sottofondo. Quando dormiamo il feedback dalla corteccia viene meno e le onde alfa-beta aumentano: potrebbero perciò essere l’elemento chiave della coscienza.
Nel sonno peraltro si potrebbero celare molti altri segreti della mente: ricercatori svizzeri per esempio hanno dimostrato che quando dormiamo il cervello impara a gestire le emozioni, discriminando fra quelle positive che possono essere consolidate e ricordate e quelle negative, che invece potrebbero favorire ansia e stress. Processi tanto essenziali per la psiche che basta non dormire una notte per guardare di traverso gli altri, il giorno dopo: lo ha dimostrato una ricerca dell’Università di Uppsala in Svezia, secondo cui quando siamo deprivati di sonno oltre che più irritabili tendiamo a essere più sospettosi con gli altri.
In due si dorme meglio
Volete dormire meglio? Fatelo in compagnia del partner: chi condivide il letto con la persona amata si addormenta più rapidamente, non ha risvegli frequenti durante la notte né si sveglia troppo presto al mattino, dorme di più e ha un minor rischio di insonnia. Come risultato è anche meno stanco e più energico durante il giorno: lo dimostrano i dati raccolti da Brandon Fuentes dell’Università dell’Arizona (Usa), secondo cui dormire assieme al partner si associa pure a un minor grado di depressione, ansia e stress oltre che a una maggiore soddisfazione della vita in generale. Inoltre, se l’amato bene ci dorme a fianco si riduce anche il rischio di soffrire di apnee ostruttive notturne, il disturbo per cui le vie aeree collassano e il respiro resta bloccato anche per diversi secondi. La spiegazione è facile: il primo sintomo è il russamento, perciò chi dorme accanto se ne accorge ancor prima di chi ne soffre e soprattutto cerca di risolvere il problema prima che si aggravi, per poter tornare a riposare senza una fastidiosa colonna sonora nelle orecchie. Non ci sono invece benefici dal dormire con un figlio. Anzi: pare sia un’abitudine che porta solo stress.
Scritto nei sogni
Il cervello da sveglio pensa, quando dorme sogna: l’attività onirica ci accompagna per tutta la notte, ma ce ne ricordiamo solo una parte, quella più strutturata che viviamo durante la fase Rem. Non si sappia se sognare abbia uno scopo preciso: si è supposto che aiuti a consolidare la memoria, ma gli “anonirici” (persone con danni cerebrali nelle aree in cui nasce l’attività onirica o si genera il sonno Rem) possono condurre vite del tutto normali. Il sogno è tuttavia ritenuto una porta d’accesso alla parte più profonda di noi e un mezzo per elaborare le esperienze vissute nella veglia.
I sogni della fase Rem, in particolare, combinano con creatività quanto è accaduto da svegli: la loro bizzarria sarebbe perciò funzionale a stimolare la nascita di nuove idee. I sogni strani perciò non devono impressionare e non ha neppure tanto senso cercarvi oscuri significati; se però si fanno tanti, troppi incubi accompagnati da agitazione motoria potrebbe essere il caso di andare dal neurologo, perché notti troppo agitate si associano a un maggior rischio di malattie come il Parkinson e potrebbero essere fra i primi segnali di qualcosa che non va.