Vi raccontiamo di Foss, il gatto a cui il famoso vignettista Lear, fece costruire addirittura una replica in scala della sua nuova casa, per farlo abituare…
Come abbiamo detto, il Regno Unito può senza dubbio essere considerato la patria degli allevatori di gatti e la “terra” dei creatori di nuove razze. Tuttavia, anche dal punto di vista letterario, almeno nel mondo miciesco, gli inglesi non scherzano. A cominciare da “Alice nel Paese delle Meraviglie”, per arrivare a Luis Wain a Kipling e anche a Elliot, l’immensa biblioteca miciosa mondiale affonda le sue zampe sulle mille storie create dall’immaginazione british. Un’immaginazione e uno stile proprio che ha caratterizzato ognuno di loro e li ha resi per molti versi unici. Come è unico il protagonista di questo portfolio: Edward Lear.
L’UOMO DEI PAPPAGALLI
Proprio lo stile, unico e particolare di Edward, ha reso unico il suo gatto Floss. Tuttavia, prima di parlare del micio, parliamo del suo compagno umano: Edward Lear è nato a Londra nel 1812 ed è un illustratore e scrittore famoso per i suoi limerik (breve componimento poetico, tipico inglese, dalle regole ferree, che ha il proposito di far ridere o quantomeno sorridere). Nato in una famiglia numerosa, aveva 20 fratelli, ebbe un’infanzia difficile e un’adolescenza complessa per l’epilessia che gli diede un continuo senso di colpa e di vergogna. Già a 16 anni, però, mise a frutto le sue capacità artistiche iniziando a disegnare in modo professionale animali, prima per riviste, poi per libri e infine per la Zoological Society of London. Queste collaborazioni gli permisero di essere il primo a disegnare dal vivo i suoi soggetti. Lear, infatti, è considerato uno dei migliori ritrattisti di pappagalli e continuò a lavorare su questo argomento fino a quando la cecità gli impedì di colorare a mano le litografie dei suoi libri.
IL GATTO E L’ARTISTA
Ora è finalmente venuto il momento di parlare di Foss e della sua storia. Il suo nome deriva da adelphós, un termine greco che significa fratello. Foss, anzi Old Foss, era un gatto Soriano, definito dallo stesso Lear, poco attraente tozzo e senza un pezzo di coda. In ogni caso era l’animale preferito di Lear e con lui trascorse i suoi ultimi anni di vita, a Sanremo. Lear adottò il micio nel 1873 e lo tenne con sé fino al 1887 quando se ne andò solo due mesi prima del suo amico umano. Come si vede in queste pagine e nei tanti schizzi dell’artista, Lear parlava spesso del suo micio e molti raccontano che in quegli anni Foss fosse famoso tanto quanto lo scrittore, suo proprietario! Secondo Lear il micio era molto vecchio: supponeva addirittura che avesse 32 anni. Foss era talmente importante nella vita di Lear che lo trasformò addirittura nel protagonista del suo romanzo più famoso: “Il Gufo e la Gattina”. Come ogni “gattaro”, Edward Lear fece di tutto per il suo micio: quando decise di trasferirsi a Sanremo, nella Villa Tennyson, ne fece costruire un modellino in scala per abituare il gatto alla nuova dimora; mentre per la sua morte la lapide del micio era più grande di quella progettata per lo stesso Lear.