Il labirinto peggiore in cui infilarsi: far diventare la propria debolezza anche un modo per controllare l’altro, ottenendo inconsciamente un vantaggio secondario che rende cronica la dipendenza. Ma puoi uscirne, come è successo a dora
Quando continui a subire ma non fai niente per evitarlo, può anche signi¬ care che inconsciamente una parte di te ha adottato questa strategia per ottenere una sorta di “vantaggio secondario”. Mentre ti senti poco rispettato dalle persone e dagli eventi, senza saperlo trasmetti la tua disponibilità a stare in quella posizione. Allora, la domanda che puoi farti è questa: perché lo comunico? Quale può essere il mio vantaggio secondario? Spesso chi si trova in questa posizione si vede come “il buono” che non farebbe male a una mosca, ma si trova a vivere in un mondo di cattivi che si appro¬ ttano della sua disponibilità e gentilezza. «Io sono la vittima innocente e pura, di fronte all’aggressività altrui non reagisco, ma divento sempre più fragile e debole». Quali sono i bene¬ ci psicologici che, pur in una situazione spesso molto dif¬ cile e disagevole, senza rendertene conto ottieni da questa strategia di sopravvivenza?
Una doppia catena
Da una parte “non è mai colpa tua”, sei a priori nel giusto e nel bene, non sei mai responsabile di nulla (nemmeno della tua vita!): ciò che accade è colpa degli altri, sono loro a fare e disfare. In più l’essere vittima può essere usato come un’arma nascosta e potente: sei quello che ha bisogno e subisce e dunque chi ti ama davvero deve starti accanto per sostenerti, altrimenti finirà nel gruppo dei cattivi. L’essere bisognoso obbliga gli altri a una presenza costante: inconsciamente li controlla e li forza in questa direzione. Non è mai un’azione esplicita e chiara, è una sorta di controllo a distanza, implicito: «Come puoi fare questo a me così debole, merito il tuo accudimento, se ti allontani sto male». Questo atteggiamento, sottilmente manipolatorio e passivo-aggressivo, complica le relazioni, ma soprattutto ti mantiene nella posizione di vittima, proprio quella posizione di cui giustamente ti lamenti. Ma cambiare le cose è possibile: come nel caso di Dora.
La dipendente
Dora ha quarant’anni e da qualche tempo, di notte, ha attacchi di panico. Il marito spesso è in trasferta per lavoro e questo complica le cose: in quelle notti lei si sveglia con il panico e lo chiama disperata. La situazione si aggrava al punto che il marito deve rinunciare a molte trasferte e ad altri impegni, per accudirla. Lei sviluppa un attaccamento morboso per lui, che la deve accompagnare ovunque, come un salvagente: «Senza di te non riesco a fare più nulla! Sei la mia àncora di salvezza». Anche quando inizia la psicoterapia per il panico è lui ad accompagnarla a ogni incontro. Già dalle prime sedute la terapeuta le suggerisce di impegnarsi in piccole attività quotidiane, mentre è in casa da sola: cose che le fa piacere fare e che la rendano meno passiva e più attiva. Un giorno, mentre riordina dei cassetti, trova delle ricevute del telepass e nota che corrispondono alle date delle trasferte del marito, ma i luoghi non corrispondono. Qualcosa si accende in lei, inizia a indagare, segretamente raccoglie informazioni e alla ¬ ne il quadro prende forma: il marito, da anni, va periodicamente proprio dove abita la sua ex, la donna di cui era innamorato prima di sposarsi, che ora è un’amica di famiglia. Dora si rende conto che lui non l’ha mai lasciata davvero, ha continuato ad avere con lei una relazione!
Basta rinunce
Di colpo la “povera Dora” si trasforma. Arriva in terapia da sola, come una furia, piena di rabbia e desiderosa di vendetta, ma anche fiera della sua capacità di indagare e di muoversi segretamente e autonomamente. Nei giorni successivi la sua metamorfosi è totale: gli attacchi di panico spariscono, Dora se ne dimentica, tutta impegnata a vendicare l’offesa. Col marito, che la implora di non lasciarlo, diventa una iena, fa scenate che conclude uscendo di casa e sparendo per ore. In una di queste prende l’auto (da sola!), guida ¬ no dalla rivale e la sorprende assieme ai conoscenti. In una scena epica le rinfaccia davanti a tutti il lungo tradimento, umiliandola. Subito dopo, tornando, si sente liberata: non è più debole e bisognosa, ora è vittoriosa. Si rende conto di avere da troppo tempo abdicato alla sua vita, di aver chiuso gli occhi per paura di vedere e di essersi indebolita solo per tenersi vicino un uomo che inconsciamente sentiva lontano. Le viene voglia di novità: nei mesi successivi inizia un corso professionale e si invaghisce dell’insegnante, che inizia a frequentare di nascosto, dicendo bugie al marito, senza alcun senso di colpa. La situazione si è rovesciata: lei che era tutta visibile, bisognosa e dipendente, sviluppa ora una parte segreta, una parte forte che la fa evolvere.
Vittima e carnefice: Rompi la sottomissione quando ti accorgi che puoi decidere per te
Il rapporto vittima-carnefi ce è spesso uno sfruttamento che va in due direzioni, non in una sola. L’altro non ti rispetta perché sente che tu glielo permetti e tu, senza accorgertene, gli trasmetti l’informazione: «Sono un campo aperto per ogni scorreria». Se così non fosse l’altro non supererebbe il confine, trattandoti come un suo possedimento. Ma d’altro canto, poiché in qualche modo sei anche tu che glielo concedi, mantieni un potere molto sottile su di lui: dicendogli “puoi”, sei tu quello che decide intorno al “potere”. In cambio di questa concessione e della debolezza che ne consegue, puoi tenere in mano anche tu un guinzaglio invisibile e mascherato. Comprendere che si tratta di un gioco di specchi, che fa da sfondo ad una reciproca dipendenza, è essenziale per rompere questa dinamica e iniziare a sperimentare la propria autonomia e indipendenza. Quando ti assumi consapevolmente la responsabilità di te e della tua vita, inizi a fare scelte che partono da te e che hanno il sapore della libertà interiore.
Preda e predatore: trovali in te e falli convivere
Prenditi un istante di solitudine e prova a contattare il tuo lato più “debole”, quello che si muove da preda nel mondo: immaginalo nelle sembianze di un animale: agnello, coniglio, gazzella, pulcino… A occhi chiusi, osserva questo animale, cerca di esplorare la sua vita e prova a comprendere quali sono le sue qualità: ad esempio dolcezza, simpatia, tenerezza, sensibilità, non aggressività… Percepisci cosa ti suscita questo animale, quali emozioni e quali sensazioni. Ora invece concentrati sui suoi “difetti”: debolezza, dipendenza, bisogno di protezione, il suo essere indifeso… E anche in questo caso ascolta le sensazioni che provi. Fai depositare tutto dentro di te e poi con un bel respiro, lascia che l’immagine sfumi.
• Attendi un istante e ora evoca dentro di te l’immagine del predatore. Poiché magari fai fatica a vederlo come una parte di te, immagina semplicemente anch’esso sotto forma di animale: lupo, leone, tigre, aquila… In questo caso, cerca prima di vederne i difetti, ad esempio: crudeltà, violenza, arroganza, spietatezza, famelicità… Ascolta le reazioni che si muovono dentro di te, senza dare alcun giudizio. Dopo qualche istante, focalizzati invece sulle sue qualità: forza, ingegno, affermazione, potere, libertà d’azione… Ascolta sempre con attenzione le tue reazioni interiori spontanee.
• Lascia sfumare anche questa immagine con un respiro profondo, e poi evocane una terza: immagina, dentro di te una scena naturale in cui tu sei in piedi e al tuo fi anco, ai due lati, ci sono i due animali che hai immaginato. È un’immagine di quiete ma potente, di presenza pacifica, di unione degli opposti. Imprimi questa immagine nella tua mente e ascolta a fondo le sensazioni che ti suscita, poi riapri gli occhi e scrivi su un quaderno le tue riflessioni.