Si chiamano Korowai e vivono in Nuova Guinea. È certo che ancora oggi pratichino l’antropofagia per motivi rituali. Mangiando la carne dei defunti, infatti, permettono alle loro anime di sopravvivere
Il cannibalismo umano è uno dei principali tabù della società moderna e sempre la sua violazione desta enorme scalpore. Le sue origini sono lontane, ma fu il nostro navigatore Cristoforo Colombo, più di 500 anni fa, a dare nome alla pratica: il termine cannibalismo deriva infatti da canniba, parola usata dalle popolazioni delle Piccole Antille per identificare gli indigeni, detti appunto Cannibi o Caribi, che erano dediti a questo tipo di alimentazione. Da allora il vocabolo “cannibalismo” identifica soggetti (umani e animali) che si cibano dei propri conspecifici, mentre l’espressione “antropofagia” è riservata ai soli esseri umani che mangiano i propri simili.
800mila anni fa in Spagna
Stando agli studi archeologici, il cannibalismo era già praticato più di 800mila anni fa, all’epoca dell’Homo antecessor: tracce del più antico banchetto a base di carne umana sono infatti state scoperte presso la Gran Dolina della Sierra di Atapuerca, a circa 20 chilometri da Burgos, nel Nord della Spagna: ossa umane con i segni tipici di macellazione e scorticamento. Secondo molti studiosi, la carne umana era semplicemente uno degli ingredienti della dieta quotidiana di questo ominide. Nel 2016, invece, paleoantropologi della California State University (Usa) hanno trovato tracce evidenti di cannibalismo su ossa recuperate in una delle grotte di Goyet (Belgio). Esse confermano la pratica dell’antropofagia da parte dell’Homo neanderthalensis: alcuni dei 99 resti ossei trovati, appartenenti a quattro individui vissuti fra 40.000 e 45.000 anni fa, mostravano infatti i caratteristici segni che si formano quando le ossa vengono schiacciate per estrarre il midollo. Tali segni sono uguali a quelli presentati da fossili di cavalli e renne scoperti nello stesso sito, il che suggerisce che anch’essi siano stati consumati in eguale modo. Resta da chiarire se la pratica vada inserita in un contesto rituale o no.
Ce ne sono in Nuova Guinea
Non ci sono dubbi invece sull’origine rituale del cannibalismo praticato dall’ultima tribù antropofaga del pianeta, i Korowai della Nuova Guinea. Secondo uno studio condotto dalla Depsos, un’agenzia locale che studia le popolazioni indigene, i Korowai sono circa 2.500, divisi in gruppi di 40-50 individui e dilaniati da continue faide. Essi credono in uno spirito di nome khakhua, il quale verrebbe dagli inferi per uccidere gli uomini: quando una persona perde la vita per cause sconosciute, i Korowai ritengono che sia stata posseduta da questo essere dell’oltretomba e per vendetta contro di lui se ne cibano. Studi antropologici hanno descritto anche altri rituali caratteristici di questa popolazione, legati soprattutto alla morte e alle celebrazioni funebri, durante le quali il corpo del defunto viene mangiato dagli appartenenti al clan familiare per permettere al suo spirito di sopravvivere ed evitare che le sue qualità vadano perse. L’antropologo James Frazer, nel suo libro Il ramo d’oro, racconta invece che con l’antropofagia rituale si possono anche acquisire le capacità dell’avversario ucciso in battaglia: per esempio, si mangia il suo cuore per rubargli il coraggio o i muscoli per fare proprie velocità e prestanza. In questo modo, inoltre, si impedisce allo spirito del nemico ucciso di vendicarsi.
Per pura sopravvivenza
Diverso è invece il cannibalismo praticato come estremo rimedio. Vi hanno dovuto ricorrere i sopravvissuti dell’incidente avvenuto il 13 ottobre 1972 a un aeroplano della Fuerza Aérea Uruguaya, schiantatosi sulla Cordigliera delle Ande in Argentina. Dei 45 passeggeri, 12 morirono sul colpo, 5 nei giorni successivi e 11 a causa della mancanza di cibo e delle dure condizioni atmosferiche a 3.600 metri di quota. I 16 superstiti, salvati dopo 72 giorni, ammisero di aver dovuto mangiare i cadaveri: «Dopo nove giorni, mi è venuto in mente che potevamo nutrirci della carne dei nostri amici morti», hanno raccontato. Un espediente a cui hanno fatto ricorso anche Alexei Gorulenko, pescatore russo di Saratov, e il suo amico Alexander Abdullaev: nel luglio 2012 i due decisero di cercare oro nella taiga russa in compagnia di altre due persone, ma un’improvvisa inondazione trascinò via il loro fuoristrada carico di provviste. Quando i soccorsi arrivarono, trovarono solo Gorulenko e Abdullaev, che, stremati dalla fame, avevano ucciso un membro della spedizione per poi segargli gli arti e mangiarli. Il quarto elemento fu invece dato per disperso.
Menti criminali
Sempre la Russia è il Paese in cui abbastanza recentemente si è registrato un episodio di cannibalismo messo in atto da un criminale: Andrej Romanovic Cikatilo, passato alla storia come il “mostro (o il macellaio) di Rostov”. Quando fu catturato, confessò ben 53 delitti, che riguardavano donne, adolescenti e bambini di entrambi i sessi, uccisi dal 1978 al 1990. Negli interrogatori ammise la sua eccitazione nell’uccidere, mutilare e mangiare i corpi delle proprie vittime. Al processo fu giudicato sano di mente e condannato a morte. Un altro caso eclatante è quello di Armin Meiwes, ex tecnico di computer dell’esercito federale tedesco di 55 anni, attualmente detenuto nel carcere di Kassel (Germania), dove sta scontando l’ergastolo per omicidio. Nel marzo 2001, nella sua casa a Rotenburg an der Fulda, nell’Assia dell’est, Meiwes uccise e mangiò l’ingegnere berlinese di 43 anni Bernd Jürgen Brandes, che aveva risposto a un suo annuncio, pubblicato su The Cannibal Cafè , in cui esplicitamente dichiarava di cercare candidati “disposti a farsi macellare”. Anche il suo cannibalismo aveva una motivazione sessuale, ma a differenza del russo Cikatilo, il tedesco aveva precedentemente chiesto il consenso alla vittima. Meiwes aveva infatti incontrato e messo al corrente dei suoi piani Bernd Jürgen Brandes, il quale aveva acconsentito e si era recato spontaneamente nella casa del suo carnefice. Qui, dopo essere stato semi-anestetizzato con un mix di sonniferi e alcol, era stato evirato con un coltello da cucina. Poi Meiwes aveva cucinato la sua carne alla fiamma con sale, pepe, aglio ed olio in un tegamino e l’aveva mangiata. Successivamente aveva sezionato con accuratezza il resto del cadavere e riposto le “porzioni” in freezer per futuri pasti: «La carne umana ha lo stesso sapore di quella di maiale, è solo leggermente più amara, più sostanziosa. È davvero buona», ebbe a dire il cannibale al processo. L’opinione pubblica mondiale rimase sconvolta, ma Meiwes dichiarò di non provare alcun rimorso. Affermò addirittura: «È una bella sensazione sapere che adesso lui è diventato parte di me».
Poche parti commestibili e poche calorie
Secondo il paleontologo James Cole dell’Università di Brighton (Regno Unito), una dieta a base di carne umana non avrebbe potuto soddisfare il fabbisogno energetico quotidiano dell’uomo preistorico. «Paragonati ad altri animali, non siamo per niente nutrienti», ha detto Cole commentando il suo articolo pubblicato su Scientific Reports nel quale ha calcolato l’apporto calorico della carne umana rispetto a quello di altre prede disponibili nel Paleolitico. La carne di Homo sapiens avrebbe infatti fornito solo circa 300 calorie al chilo, mentre quella di cinghiale o di castoro sarebbe arrivata a 900. Inoltre, ha fatto notare Cole, il corpo umano ha una percentuale di carne commestibile molto bassa, pari a circa il 38 per cento del totale: più utili, da questo punto di vista, animali come il rinoceronte, il mammut o il cavallo, in cui il 60 per cento della massa corporea è mangiabile.
Altri cannibali nel mondo
Benché sia difficile redigere la mappa mondiale del cannibalismo, alcuni studiosi ritengono che a tutt’oggi la setta religiosa degli Aghori, in India, si cibi dei cadaveri per acquisire la loro energia vitale. In Africa, invece, all’inizio degli anni 2000, sono stati segnalati episodi di cannibalismo ai danni dei Pigmei da parte dell’Esercito di liberazione del Congo, mentre in Liberia sembra che le parti più ricercate siano i genitali, sia maschili sia femminili. In Nigeria, infine, la tribù Yoruba è stata accusata di praticare il cannibalismo per superstizione.