L’abbiamo solo noi mammiferi. Difende dal freddo (e non solo), rende invisibili o… serve per farsi notare
Per toglierli faremmo di tutto. I peli, come abbiamo visto nel pezzo precedente, sono la nostra ossessione. Ma perché li abbiamo? Siamo poi così diversi dagli altri animali? E quali sono invece le caratteristiche delle pellicce altrui? Innanzitutto, meglio rassegnarsi: se sei mammifero, sei peloso. È infatti una delle caratteristiche che ci distingue come classe di vertebrati; un’altra è la presenza di ghiandole mammarie, ma con quelle gli umani non hanno rapporti conflittuali…
UNA SCIMMA (QUASI) NUDA
Solo i mammiferi hanno sviluppato questi filamenti di cheratina (la stessa proteina di cui sono fatte le unghie) che spuntano da strutture specializzate presenti nella pelle, i follicoli. Il motivo? Innanzitutto, una pelliccia permette di conservare il calore corporeo: una cosa fondamentale, visto che i mammiferi sono “a sangue caldo”, cioè hanno bisogno di una temperatura costante e piuttosto alta per funzionare. Come mai allora noi uomini l’abbiamo persa? Ci sono solo ipotesi. Una di queste prevede che la nostra nudità sia cominciata per vivere nella savana africana: correndo sotto il sole cocente, la pelliccia ha ceduto il passo alla pelle glabra, da cui il sudore poteva evaporare meglio e rinfrescarci. Un’altra teoria è che la nudità sia servita per liberarci dai parassiti, privandoli di un lussureggiante habitat.
Comunque sia andata, come ben sappiamo, qualcosa è rimasto. Sul corpo abbiamo circa 5 milioni di follicoli. Non sono tanti meno dei cugini scimpanzé, ma producono peli mingherlini: sono sottili (il diametro va da 0,017 a 0,18 mm) e corti, tanto da essere spesso quasi invisibili benché si trovino quasi ovunque, a parte zone come palme delle mani, piante dei piedi, labbra. Con qualche eccezione: i peli di ascelle e pube sono fitti e ben visibili, perché servono come protezione (dei genitali) e… comunicazione. Trattengono infatti le sostanze odorose prodotte dalle ghiandole, per disperderle verso il naso di potenziali partner: la Natura non prevede deodoranti, anzi.
LA SIGNORA XIE E IL BUE MUSCHIATO
Peraltro, abbiamo anche un altro tipo di peli, i più lunghi del regno animale: 5,6 metri, lunghezza record dei capelli della cinese Xie Qiuping. In effetti nessun altro mammifero coltiva con tanta attenzione un piccolo gruppo di peli (circa 100.000) raccolto sul cranio, che diventano lunghi perché possono continuare a crescere per 6 anni o più. Perché sono rimasti folti? Anche qui ci sono più teorie: una sostiene che nella famosa savana i capelli proteggessero dal sole la testa e il cervello; un’altra si concentra sul fatto che i capelli siano diventati un segnale di buona salute, apprezzatissimo dai partner.
Pur non arrivando alla lunghezza della signora Xie Qiuping, si difende bene anche il bue muschiato: questo bestione artico ha il pelo che cresce fino a 1 metro di lunghezza, arrivando a toccare terra. Come altri animali, ha una pelliccia a due strati, uno di peli corti e l’altro di peli lunghi, sovrastante. Quello davvero caldo è il “livello” corto ma fittissimo: si chiama qiviut, cade a primavera (ogni animale ne perde 3,5 kg all’anno) e in Canada e Alaska viene raccolto per fare una lana soffice e pregiatissima.
COM’È MORBIDO QUEL RODITORE
La pelliccia, abbiamo detto, serve per difendersi dal freddo, ed è tanto più efficace quanto è fitta: riesce così a intrappolare più aria, che funziona come isolante. Da questo punto di vista il nostro bue muschiato, con 420 peli per cm2, è un dilettante rispetto al piccolo cincillà, con ben 20mila al cm2. Questo roditore delle Ande infatti vanta follicoli iperattivi che producono fino a 50 peli (i nostri per fortuna si fermano a uno). Il cincillà riesce così a vivere a oltre 4.000 m d’altitudine ed è considerato il mammifero con “il pelo più morbido del mondo” e l’animale terrestre con la pelliccia più fitta.
Terrestre, appunto. Perché, se entriamo in acqua, la lontra di mare ha il record assoluto di creatura più pelosa. Anche questa bestiola del Nord Pacifico ha due strati di peli: uno tiene caldo come una coperta, l’altro è waterproof come una muta stagna ed evita che l’acqua arrivi alla pelle. Un team tedesco ha calcolato la densità di peli: 140.000 peli per cm2. Quando ci lamentiamo di doverci fare la ceretta o la barba, dovremmo ringraziare di non essere una lontra… Lei, invece, è ben contenta di avere sviluppato una pelliccia che le permette di stare in acqua pur senza uno strato di grasso sottocutaneo; altri mammiferi marini come foche e otarie si muovono sì anche a temperature basse, ma hanno un ulteriore isolamento garantito dalla spessa ciccia.
UN DELFINO COI BAFFI
Per i cetacei, isolati solo dal grasso sottocutaneo, il pelo è invece davvero superfluo. Ad alcune balene restano comunque pochi follicoli piliferi sul muso: sono ricchi di terminazioni nervose e si pensa che abbiano funzioni sensoriali. I delfini invece nascono con un rado pelame sul muso, che poi perdono: questi “baffetti da adolescente” servono per localizzare la mamma. L’inia o boto, un delfino d’acqua dolce, mantiene invece rigidi peli sul muso pure da adulto: anche in questo caso il pelo serve per “sentire”, aiutando l’animale a scovare le prede.
Del resto, in molti mammiferi i peli sono anche eccellenti organi di senso. Pensiamo alle vibrisse che i gatti e altri animali hanno sul muso. Sono peli specializzati, raggiunti da tante terminazioni nervose che rilevano ogni minimo movimento, e funzionano come sensori tattili. E particolari peli “reattivi” sono anche le nostre ciglia: non solo proteggono l’occhio dalle polveri, ma se qualcosa le tocca fanno scattare la chiusura delle palpebre.
ANIMALI NUDISTI
Comunque altri animali, oltre ai già citati cetacei, sono nudi come noi. È il caso degli elefanti, che per evitare di surriscaldarsi hanno perso la pelliccia. Secondo il team di Elie Bou-Zeid della Princeton University (Usa), i radi peli rimasti negli elefanti africani e asiatici servono addirittura a disperdere un po’ il calore (cosa necessaria, visto che hanno una enorme mole e, in rapporto a questa, poca superficie corporea). Ma in quanto a “nudità” pochi superano l’eterocefalo glabro, uno degli animali più brutti del mondo: immaginate una talpa a cui un’estetista sadica ha fatto una ceretta totale. L’eterocefalo vive sottoterra, in colonie che sembrano formicai, e nel calduccio dei tunnel non ha bisogno di pelame. I pochi peli sul corpo funzionano come le vibrisse, servono a sentire ciò che c’è intorno.
DIFESA ED ESIBIZIONISMO
All’estremo opposto, altri hanno pensato di esagerare “corazzando” i peli e trasformandoli in aculei, come ricci e porcospini. I primi sono ricoperti da circa 5.000 aculei – peli modificati in strutture fatte sempre di cheratina – lunghi 2/3 cm, che li trasformano in palle di spine quando si appallottolano. I porcospini invece hanno aculei che si conficcano nel corpo del predatore come spade. Jeffrey Karp della Harvard Medical School (Usa) ha visto che i 30mila aculei del porcospino nordamericano si infilano nella pelle più facilmente dell’ago di una siringa.
Ma i peli mandano anche un messaggio: “Sono sano, sono forte!”. È il caso della criniera del leone, la corona di lunghi peli del re della foresta. I biologi hanno rilevato che i leoni con la criniera corta sono stati malati o feriti; quelli con una criniera folta e scura hanno invece più alto livello di testosterone e maggiore resistenza.
E infatti uno studio dell’Università del Minnesota – fatto usando peluche a grandezza naturale – ha mostrato che le leonesse si avvicinano di più… ai bruni. Del resto, anche noi umani conosciamo il fenomeno. Darwin credeva che la barba dei maschi fosse un segnale di salute e prestanza. E gli psicologi evoluzionisti la considerano un segnale di maturità sessuale e dominanza, visto che “ingrandisce” la mandibola maschile.
IN MIMETICA
Se c’è chi usa il pelo per farsi notare, molti lo usano per mimetizzarsi. È il caso dei mammiferi che d’estate hanno la pelliccia bruna o rossastra e con le prime nevi diventano candidi: succede alla volpe artica, alla lepre artica, all’ermellino. Quando le giornate si accorciano, perdono il pelo estivo e lo sostituiscono con quello invernale (senza pigmenti, dunque bianco). Oltre all’isolamento, offre una notevole mimetizzazione tra i ghiacci artici anche la pelliccia dell’orso polare. Apparentemente bianca, in realtà è composta da peli lunghi fino a 15 cm: privi di colore, trasparenti, e quelli più lunghi anche cavi come cannucce. All’interno di questi tubi avviene un fenomeno di diffusione ottica della luce di tutti i colori, e così la pelliccia appare bianca.
Provano a confondersi con l’ambiente anche i predatori “a macchie” come il leopardo, che deve mimetizzarsi tra l’erba alta; la zebra, secondo una delle varie teorie in merito, sfrutta invece la fantasia quasi ipnotica del suo mantello per confondere i predatori durante la fuga. In entrambi i casi il trucco è semplice: macchie e strisce non sono altro che regioni del corpo in cui i follicoli producono peli più scuri o più chiari. Ma se esiste il pelo nero, marrone, rosso, perché non esiste quello viola o verde? I peli acquistano colore grazie a due tipi di pigmento prodotto nei follicoli, l’eumelanina (dal marrone al nero) e la feomelanina (dall’arancione al rosso): possono solo essere una combinazione dei due pigmenti. Niente blu o verde. Con un’eccezione: il bradipo: può apparire verdastro perché nel suo pelo crescono alghe.
GLI ALTRI PELOSI
Prima di finire, una domanda: se la peluria è una caratteristica unica dei mammiferi, perché esistono api, tarantole, bruchi pelosi? I peli di insetti e aracnidi sono solo superficialmente simili ai nostri: si chiamano setae e sono fatti di chitina, la sostanza di cui è composto il loro esoscheletro; possono servire come protezione (è il caso dei peli urticanti di alcuni bruchi) o essere sensori specializzati per molecole odorose, temperatura, pressione. Sulla “vera” pelliccia, l’esclusiva resta a noi mammiferi.
ECCO COME SAREBBERO DEPILATI COME NOI
Nell’illustrazione, vi mostriamo come apparirebbero alcuni mammiferi senza la pelliccia. In molti animali domestici, per esempio, la pelle ha macchie che corrispondono a quelle del manto sovrastante, come accade nella mucca di razza Holstein raffigurata più a destra; in altri animali con strisce o macchie invece la pelle sottostante è monocolore (nella zebra, per esempio, è nera). Nei cavalli è a volte rosa. Nel lupo può essere a chiazze, come anche nei cani. Nello scimpanzé è rosa-grigia, e si rivela quando l’animale è anziano e perde parte della copertura. In alcune zone particolari, come il muso nudo o il deretano di molte scimmie, ci possono essere colori particolari: addirittura il rosso. Infine la pelle dell’orso polare è nera, a differenza della pelliccia che la ricopre, per assorbire di più il calore del sole.